Dei libri dell'anno 65: Ballo in maschera
C’è una famiglia strana e
triste, formata da un papà, una nonna e una ragazzina di 15 anni, Kriszti. Nella loro casa non si ride, non si ascolta
musica, non si fa festa: tutto è cristallizzato nel ricordo della mamma, morta
ventenne sotto i bombardamenti mentre dava alla luce la sua bambina, vittima
innocente ed esemplare della guerra che distrugge ogni bellezza. Un signore per
bene ha chiesto la mano della nonna, ma lei lo ha rifiutato, perché non se la
sente di lasciare il genero e la nipote (che, tra l’altro, non l’hanno neanche
incoraggiata a farlo).
C’è una scuola d’impianto
tradizionale, in cui domina la disciplina e in cui irrompe come un tornado una
giovane insegnante, Eva, che utilizza una pedagogia nuova, basata
sull’interesse esclusivo per la persona, per il singolo alunno, e non solo
sulle regole e le tradizioni.
Questi due mondi si incontrano
(anzi, per meglio dire si scontrano) e qualcosa comincia ad incrinarsi, con un
processo educativo che, secondo le più moderne regole pedagogiche, parte
dall’alunno per poi estendersi alla famiglia. Ma in questo anche l’insegnante
cambia e guarda con occhi diversi la sua vita.
Tutto questo, però, non è
narrato semplicemente, ma attraverso un meraviglioso gioco di specchi che parte
da un ballo in maschera, in cui la ragazza e l’insegnante si racconteranno,
sveleranno memorie e pensieri e, finalmente, dipaneranno il groviglio delle
loro storie.
Kriszti ricorda molto, con
la sua semplicità e dolcezza, la piccola Sofia e Eva è l’ennesima figura
della Szabò di donna forte e determinata, che bada a sé e non dipende da
nessuno (come Iza), che paga da sola la millefoglie ed è padrona delle
sue scelte ma, a differenza di Iza, non ha perso la capacità di mostrare i suoi
sentimenti.
Il padre, Endre, che per
quindici anni ha chiuso il suo cuore, solo apparentemente ricorda gli uomini
deboli delle opere successive della Szabò, perché è capace di aprirsi al mondo
e superare il suo dolore, come vorrebbe la moglie, lei che è morta credendo che
la guerra sarebbe finita e che suo figlio sarebbe cresciuto libero e in pace.
C’è anche un personaggio
triste, Lujza, vecchia insegnante, che ovviamente contesta le scelte educative
di Eva, ma che poi scopriamo essere il frutto di un’educazione dura e
repressiva, senza amore e senza contatti col mondo.
Forse questo sarebbe stato
il destino di Kriszti, se Eva non fosse apparsa nella sua vita ad insegnare che
di dolore e di chiusura si muore. La nonna la teneva in casa perché non
soffrisse vedendo le mamme degli altri bambini, ma in questo modo la isolava e
le impediva di confrontarsi col suo stesso dolore. Sarà la mamma, dalla tomba, ad
innalzare un inno di speranza e di gioia e così permetterà la quadratura del cerchio.
Dietro quella che,
apparentemente, è una storia d’amore con uno scontato happy end, si nasconde,
quindi, un messaggio bellissimo di speranza, perché tutti possiamo cambiare, a
qualunque età, i bambini sanno comprendere meglio degli adulti la verità, le
giovani generazioni, anche se diverse da quelle che le precedono, riusciranno
bene, purché siano educate alla bellezza e alla pace.
Romanzo molto bello, ulteriore
dono della Szabò, per il Venerdì del libro
Bella recensione per un libro a mio avviso, di difficile lettura. Meravigliosa, immensa scrittrice la Szabò, qui tratteggia una figura di un uomo veramente indimenticabile. La piccola poi è commovente nel tentativo di avere finalmente una vera famiglia. E il tutto nel vortice di un ballo che sembra non finire mai come la speranza che anima ognuno di questi personaggi.
RispondiEliminaNon conosco questa autrice... Grazie per la recensione.
RispondiEliminaSul fatto che i bambini siano molto più avanti degli adulti, non c'è proprio alcun dubbio.