Di domeniche antiche



La domenica mattina la cucina era tutta in fermento. La Nonna devota rientrava presto dalla prima messa e la stanza era off limits. All'uscita dalla messa era passata dal macellaio a prendere la carne. Fresca, non del giorno prima, ma tagliata al momento. 

Lui era un gigante dalle mani grosse, con le quali impugnava un batticarne piatto, con cui stendeva le braciole. Su un grande ceppo di legno con quattro gambe, tondo, deformato in superficie dall'uso, tagliava prima dei tocchetti di carne tenerissima, poi inumidiva il batticarne e cominciava a stendere la carne che, come per magia, diventava una foglia sottile sotto i suoi colpi. Da bambina mi incantavo a guardarlo, ma stavo comunque bene attenta a non farmi colpire dagli schizzi, per non sporcare il vestito buono. 

Arrivata a casa, la Nonna si cambiava, inforcava il grembiule con le grandi tasche e cominciava. La preparazione delle braciole era lunga per me che provavo a imparare, uno scherzo per lei, che di braciole ne aveva fatte tante. Quando finiva "extra omnes!" e rimaneva solo lei , per cuocere il sugo. Ore e ore a pippitiare, a fuoco bassissimo, fino a restringersi al punto giusto. La porta era chiusa, ma il profumino iniziava a passare dalle fessure, dalla toppa della chiave, dalle finestre aperte...e invadeva la casa e la strada. Qualcuno provava ad entrare: "Sono pronte?" "Fuori! Si mangia a tavola!" Si raccontavano leggende metropolitane di coltelli lanciati per punire insolenti assaggiatori, e nessuno correva rischi inutili; tanto, nel giro di qualche ora, tutti avrebbero avuto le braciole (o le polpette) fumanti nel piatto e non valeva la pena di suscitare le ire funeste. 

Solo Lui aveva libero accesso. Lui poteva entrare, alzare il coperchio, impugnare la forchetta, tirare fuori la braciola o la polpetta dal sugo fumante e, a rischio di ustioni di terzo grado, divorarla in un solo boccone, sotto il sorriso divertito e compiaciuto della Nonna.  E se, per caso, non procedeva subito, appena arrivato, al sopralluogo, veniva chiamato: "Non assaggi il sugo?"

Noi assistevamo divertiti a questi siparietti e non eravamo nemmeno invidiosi dei privilegi: era un amore speciale quello che li univa. Non toglieva niente a noi, ma arricchiva loro. 

Questo ricordo era perso sotto montagne di compiti da preparare e camicie da stirare, ma è riemerso a tradimento in un attimo, stamattina, mentre il Persemprecucciolo si avvicinava con un pezzo di pane alla pentola fumante di braciole. 

Ed è partita la lacrima, perché di quel mondo non è rimasto nessuno e Cugino, andato via troppo presto, forse ora ruba i bocconi dai grandi calderoni del Cielo, dove sicuramente Nonna è stata dal suo arrivo impiegata come cuoca. E mentre, tra le lacrime, riflettevo su questo, l'urlo del Persemprecucciolo, ustionato, mi ha fatto ritornare in me. 

E la Nonna e Cuginogrande erano lì a sorridere, lei coi suoi denti di perla, lui sotto i baffi. 

Come sempre, per sempre.

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