Dei libri dell'anno 95: La valle dell'Eden
Ho finito di leggere La valle dell’Eden e sono ancora immersa, dopo giorni, nelle atmosfere di Salinas. Cammino con Cal e Abra, rifletto con Lee, guardo il mondo come Adam e provo orrore per Cathy, amo Samuel e condivido la solitudine di Tom.
C’è in questo romanzo decisamente tanta roba. E’ uno spaccato della storia americana dalla guerra contro i nativi fino alla Prima Guerra Mondiale ed è la storia di due famiglie, distinte per storia, per ricchezze, per esperienza di vita, ma unite da un filo di amicizia e di rispetto.
I Trask vivono in una fattoria del Connecticut. Il padre è un personaggio equivoco, che si spaccia per eroe di guerra e con la sua eloquenza arriva a ricoprire incarichi politici importanti. Ha due figli da due mogli e li ama in maniera diversa. Anche loro sono diversi: uno, Adam, sognatore, idealista, profondamente buono è costretto a diventare un soldato, l’altro, Charlie, iracondo, violento perché non si sente amato dal padre, rimarrà per sempre nella sua casa e il conflitto col fratello gli impedirà di essere felice. Nelle loro vite entra Cathy, un personaggio quasi disumano nella sua malvagità. Sarà questa nuova Eva a separare per sempre i due fratelli. Adam si trasferirà a Salinas e i suoi figli gemelli riprodurranno il conflitto di padre e zio, anche se in forme diverse.
Ci sono poi gli Hamilton. Samuel, emigrato dall’Irlanda, povero in canna, possiede una terra arida e senza pozzi, lui che ha il dono di trovare l’acqua nelle terre degli altri. Nonostante la povertà, però, è un uomo felice, un patriarca biblico che cresce bene la sua numerosa famiglia e ha una parola saggia per tutti. E’ un inventore visionario, con una moglie piccola ma fortissima, che si nutre della Bibbia e applica i suoi dettami nell’educazione e nella gestione della famiglia. I suoi numerosi figli vivono vite diverse, ognuno ama a suo modo, ognuno soffre a suo modo.
E poi c’è Lee, il domestico cinese dei Trask, che col codino e la sua parlata senza le r sembra incarnare lo stereotipo dell’orientale stupido e servile e che, invece, in realtà, è un uomo saggio e un vero amico. A lui e Sam dobbiamo la parola chiave del romanzo, Timshel (tu puoi): ogni uomo è padrone del suo destino.
Ognuno dei personaggi percorre la sua strada, con maggiore o minore tormento. Chi sembra perfetto ha l’imperfezione del non vedere e del non capire, chi sembra imperfetto vive il dolore dell’aspirare a ciò che non può ottenere che, guarda caso, è sempre l’amore.
Tutti hanno una scelta, però. Nella vita niente è fissato, niente è definitivo se tu non lo vuoi. E’ la possibilità di scegliere che ci rende grandi o piccoli, buoni o cattivi. Ed è in noi stessi che dobbiamo trovare il senso della nostra vita, accettandoci per quello che siamo, un impasto di bene e di male, uomini, appunto. Non c’è speranza solo per chi non vuole cambiare e si ostina nel male. Per tutti gli altri c’è salvezza.
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