Dei libri dell'anno 92: Stupori e tremori
Amélie, che sappiamo essere l'autrice (il racconto è autobiografico), viene assunta in una multinazionale giapponese come traduttrice. È felice di essere tornata nel paese della sua infanzia e si adegua con facilità al rigido rituale che regola le convenzioni sociali, uno strano meccanismo di piramide sociale che non può essere violato e che è regolato da un discutibile senso dell'onore e del dovere. Amélie è brava, conosce il giapponese, ma questo è un errore che pagherà sprofondando in incarichi sempre meno utili e sempre più umilianti. Se si licenziasse sarebbe un disonore e l'unica via di fuga "nobile" -il suicidio- è soltanto immaginata nel quotidiano tuffo mentale dal 45° piano.
Nel sistema giapponese il lavoro è tutto, la donna è un soprammobile a scadenza, che deve sposarsi entro i 25 anni oppure avrà fallito il suo progetto esistenziale e che, se lavora, dovrà faticare il doppio per ottenere la metà. Nel gruppo non c'è empatia, solidarietà, amicizia. L'offesa del superiore dev'essere subita senza giustificarsi, è inopportuno consolare chi è stato offeso, basta sudare per essere disprezzati. Gli occidentali sono una razza inferiore, l'intelligenza nipponica è superiore a ogni altra.
Amélie accetta tutto, sopporta tutto e porta a termine, con formule stereotipate, il suo percorso nell'azienda. Solo a distanza potrà guardare con oggettività la sua esperienza e scriverne, con uno stile che sembra freddo e distaccato, che non fa altro che evidenziare l'illogicità del tutto.
Da leggere prima di decidere di andare a lavorare in Giappone😉.
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