Dei libri dell'anno 91: Furore


E' stato sul mio comodino per più di due mesi: poche pagine al giorno e molte rilette più e più volte, perché questo non è un libro di lettura, ma di meditazione. 
Prima una tempesta di sabbia che distrugge i raccolti e poi le dure leggi dell'economia, che prevedono la meccanizzazione dell'agricoltura e la creazione di grandi latifondi in mano alle banche, costringono i contadini ad abbandonare le loro fattorie e a cercare fortuna altrove, in quell'Ovest favoleggiato come la terra promessa, dove i frutti nascono senza fatica e c'è cibo e lavoro per tutti. Spinti dalla necessità, i Joad, una famiglia di contadini dell'Oklahoma, sono costretti a mettere tutta la loro vita su un vecchio autocarro riadattato per partire verso la California. Sono tanti, il cibo è poco, ma sono disponibili a portare con sé anche un ex predicatore, Casy, in crisi di coscienza e incapace, ormai, di pregare. Il loro viaggio attraverso la Route 66 è un'autentico esodo nel deserto, che vede via via perdere pezzi di famiglia, nonostante il desiderio di Ma', figura splendida di donna, moglie e madre, di tenere unita la famiglia. C'è fame, c'è bisogno, ma c'è anche tanta solidarietà e condivisione con quanti percorrono quella stessa strada, illusi dalla promessa di lavoro per tutti. Ogni personaggio è perfettamente caratterizzato: il figlio Tom, appena uscito dal carcere, con un'inesausta sete di giustizia e verità, Al, sempre in competizione col fratello maggiore, tutto preso dal desiderio di vivere in pienezza la sua giovinezza, Rosasharn, la giovane sposa incinta, col suo sposo pieno di sogni e progetti, i due bambini, ancora incapaci di comprendere appieno la portata del dramma, il Nonno e la Nonna, testimoni della fine del loro mondo e per questo inadatti ad entrare nella Terra Promessa, lo Zio John, devastato dal rimorso, Pa', guida infallibile della famiglia finché era signore della sua terra e ora sempre più debole, dipendente dai figli e dalla volontà decisa della moglie. 

La storia presenta un doppio percorso: da una parte ci sono le masse dei lavoratori sfruttati da un sistema perverso che, per la logica del profitto, schiaccia l'individuo e lo considera peggiore di un animale da soma, dall'altra le storie individuali, diverse eppure simili, delle famiglie. L'inevitabile reazione può venire soltanto dall'unione di tutti gli oppressi per il riconoscimento del proprio diritto ad esistere e a mantenere i propri cari. La presa di coscienza, soprattutto da parte di Casy e Tom è lenta e progressiva, ma definitiva: solo lottando insieme gli uni con gli altri e gli uni per gli altri si potrà raggiungere l'obiettivo comune. Di ciò sono ben consapevoli tutti: i ricchi proprietari, i poliziotti e, andando sempre più giù, tutti coloro che hanno una loro stabilità, anche se piccola: gli affamati devono essere allontanati, respinti, schiacciati, perché rubano il lavoro, violentano le donne, uccidono. A loro, gli Oki, dev'essere negata la dignità della vita e del lavoro, perché altrimenti diverranno consapevoli della loro forza. Occorre dividerli, portarli a vedere i propri figli morire, perché accettino di essere sottopagati pur di sopravvivere. Questo, però, produrrà i grappoli d'odio, quel "furore" che dà il titolo all'opera.

In questo romanzo c'è tutto: vita e morte, gioia e dolore, giustizia e ingiustizia, accoglienza e rifiuto ma, soprattutto, c'è la forza che nasce dalla famiglia, dalle donne che, come dice Ma', sono in grado di vedere la vita come lo scorrere di un fiume che, anche se incontra ostacoli e difficoltà, va sempre avanti per la sua strada.

Per me Ma’ è la vera protagonista: quando sostiene Al, intimorito dal viaggio verso l'ignoto, quando accompagna fino alla fine i Nonni, quando, nelle condizioni più estreme, riesce a mettere insieme il pasto per la famiglia e riesce persino a condividerlo, senza chiedere nulla in cambio. E' lei a capire che Pa' deve essere scosso, che Noah deve essere lasciato libero, che Tom, il suo prediletto, deve andarsene per salvare sé stesso e tutti loro. E' lei che, nel momento più terribile, quando tutto sembra perso, riesce ancora a dare vita. Perché è una madre.

Sono una grande lettrice. Ho letto tantissimo, romanzi bellissimi e paccottiglia, ma non mi ero mai trovata davanti ad una prosa così forte, ad una capacità descrittiva così "avvolgente" da portarti dentro la storia, a respirare polvere, a sentirti cuocere dal sole, a sollevare con fatica le braccia dopo una giornata di lavoro. 

Quando succede questo, sei di fronte ad un capolavoro e Furore decisamente lo è.

Commenti

  1. Che post bellissimo! Pensa che ce l'ho da tanti anni ma non mi sono mai decisa a leggerlo, deve assolutamente essere la volta buona!

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  2. Forse si tratta semplicemente che John Steinbeck, assieme ad altri scrittori della sua epoca, sapeva scrivere.....

    Certo che mi sembra una lettura adatta a tirar su il morale, dati i tempi che stiamo vivendo....

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  3. non conosco questo libro ma il tuo racconto mi spinge a cercarlo.
    Barbara

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  4. Concordo, il personaggio della madre è immenso. Ci sono passaggi che mi capita di rileggere...

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