Della scuola ai tempi del coronavirus 6: bilancio di fine anno


Cosa rimarrà di quest'anno scolastico? 

Lezioni a distanza, in presenza, in  modalità mista, a mani giù e piedi in su, a voce piena ed in falsetto, in tutti i mari e in tutti i laghi...penso che veramente abbiamo visto di tutto e di più. Eppure di quest'anno probabilmente non resterà nulla (a parte le conoscenze e le competenze acquisite, forse). Giorni fa un ragazzo mi ha detto: "Ricordo meglio quello che è successo nei primi mesi dell'anno scorso che quello che abbiamo fatto quest'anno: è come se tutto fosse avvolto in una nebbia", oggi uno mi ha rincarato: "È come un unico anno scolastico, cominciato a settembre di due anni fa e finito ora"

Hanno ragione: se da un punto di vista "tecnico" i giorni in presenza sono stati tanti e il lavoro si è dipanato con continuità (anche perché dopo le situazioni di emergenza dell'anno passato, ormai eravamo tutti preparati), la continua alternanza di situazioni, il senso di provvisorietà, l'incertezza del domani hanno fortissimamente condizionato ogni cosa.

Quest’anno è volato e maggio ci è piombato addosso all’improvviso, costringendoci alla corsa per recuperare quanto rimandato, sospeso, incompleto. Ci siamo vaccinati, abbiamo indossato le mascherine, abbiamo rinunciato al piacere della ricreazione, del caffè coi colleghi, delle strette di mano e non sappiamo se tutto questo incubo finirà e l'anno prossimo potremo ritornare a quella quieta normalità che abbiamo dimenticato.  

Se non fosse che, per dovere di ruolo, il docente deve essere ottimista e incoraggiante, potremmo dire che Spes, ultima dea, è volata via e l'unico desiderio  che ci resta è chiudere l'anno senza l'ennesima quarantena e l'ennesimo contagio.

Commenti

  1. I ragazzi e i bambini hanno pagato un prezzo altissimo per tutelare i vecchi e i fragili. Io ,come docente, posso dire che,a parte un breve periodo a gennaio, ho continuato a lavorare come sempre visto che insegno uno strumento in conservatorio e quindi le mie sono lezioni individuali. Però il silenzio che regnava nei corrudoi era irreale, niente prove d'orchestra, strumenti a fiato pochissimi, entrate contingentate, mi è mancato il meraviglioso sonoro che i ragazzi soltanto sanno creare. Ora stiamo riprendendo con fatica ma vedo i ragazzi molto spaventati. Passerà del tempo prima che wuest'inferno sia metabolizzato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La nostra quotidianità è stata stravolta e ci vorrà tempo per recuperarla. Ce la metteremo tutta, però.

      Elimina
  2. Grazie davvero molto per il commento, ti ho risposto.
    Quest’anno è stato così perché a immagine di quel che è stato fatto per controllare la pandemia: contraddittorio, incoerente, parziale, scenografico più che utile. Esempi: mascherine all’aperto quando si è soli e tamponi antigenici, per dirne due di inutili, niente incremento dei mezzi di trasporto, dei tamponi molecolari e del contenimento dei focolai per dirne tre di utili.
    Ciò detto, d’accordo che vivo in una grande città in una casa piccola ma non in un tugurio, e che ho conservato lavoro e stipendio, ma francamente, per i miei nonni o pensando a loro, a qualsiasi età avrei accettato e accetterei senza proprio recriminare né piagnucolare sulla mia sorte le restrizioni che abbiamo conosciuto.
    Proprio per coscienza e solidarietà, civile, sociale, umana. E francamente non parlerei di « prezzo altissimo » davanti a una strage per il fatto di restare in casa, una casa o una scuola che se sono inadeguate durante la pandemia lo sono altrettanto e anche di più nel tempo ben più lungo e nocivo di un’intera infanzia o di un’intera vita. Non recriminerei niente, se avessi visto dall’altro lato un impegno più serio nel fare quanto dicevo prima e nel sostenere chi si trovava in serie e documentate difficoltà economiche e di apprendimento. Il senso di spaesamento e di sfinimento di quest’anno credo derivi proprio dal vivere alla giornata aspettando il vaccino che è stata la scelta del governo, che non ha mai voluto mettere in atto un serio piano di contenimento, limitandosi a una pezza qua e là tirando a campare, per chi ci riusciva, fino all’arrivo di un vaccino che meno male che c’è ma non si sa per quanto tempo funzionerà. Le scelte attendiste ci sono costate ottantamila morti in eccesso quest’inverno. Questo è il prezzo altissimo, non gli amici o le lezioni visti da uno schermo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I ragazzi si sono assoggettati di buon grado a tutte le restrizioni (e te lo dico da madre e da insegnante) e hanno avuto ben chiaro che il loro "sacrificio" era per il bene comune. Ciò non toglie che veramente abbiano perso tanto( e non mi riferisco alla didattica, perché la scuola, più o meno, è andata avanti): mi riferisco alla perdita della socialità e del senso di sicurezza e di normalità , che ha già delle conseguenze. Molti ragazzi non riescono ad uscire neanche ora che possono, perché, vuoi per il martellamento dei media, vuoi per loro debolezze individuali, hanno paura o, molto più tragicamente, non ne hanno più voglia. Ed ecco che si rincretiniscono davanti al telefonino e ai videogiochi.
      Certo, i ragazzi che vivono in zone di guerra e di fame hanno ben più motivi per star male (la Genitrice ricorda continuamente: "E di che si lamentano? Avete da mangiare, dormite nel vostro letto e avete pure televisione ed internet; io, alla loro età ero sotto i bombardamenti!"), ma non sottovalutiamo il disagio di questa generazione.

      Elimina
    2. Ribadisco, il prezzo è stato altissimo e le motivazioni sono state enunciate da chi ci ospita. Mio figlio è uscito dall'aula dell'università di Bologna convinto che l'indomani vi sarebbe rientrato. Non ha più messo piede in quella università, si è laureato online e ora frequenta il primo anno di magistrale a Torino da casa. Se per lei sono minuzie evidentemente non ha contatti con il mondo dei giovani. Il che non mi impedisce di riconoscere la tragedia dei tanti morti,troppi, e di tutti gli anziani chiusi nelle case di riposo,lontani dai loro cari. La sofferenza non si misura con la bilancia.

      Elimina
    3. @Dolcezze: ma io non mi sognerei mai di dire che il confinamento on ha comportato disagi forti, peraltro per i giovani quanto per gli anziani (l’ho visto con la mia mamma), né che questo non abbia causato pena a chi vive accanto a queste persone, anche senza evocare guerre e carestie. Posso se mai stupirmi che in una società che dovrebbe potenzialmente almeno e di fatto così è stato, assicurare l’essenziale alla stragrande maggioranza dei suoi membri, si reagisca all’eccezione con tanta fragilità, indipendentemente dall’età. Dove non ci sono stati danni seri, e per seri intendo morte, lutti e disoccupazione, il confinamento ha accentuato, in buona parte se non esclusivamente, comportamenti già presenti: suvvia, lo « stai sempre attaccato al cellulare » non è cominciato con la pandemia e neppure dinamiche familiari o scolastiche non proprio sane che però non si ha la forza emotiva o la voglia di riconoscere e toccare, tanto per fare due esempi soltanto. Ma quei problemi sono lì confinamento o no, e proprio la loro lunga durata fa comunque danni, non una situazione eccezionale destinata a risolversi.
      Quello che trovo assolutamente inaccettabile è presentare in termini di contrapposizione generazionale quello che è uno, anzi il primo, spirito di coesione sociale, umana e se a qualcuno sta a cuore, caritatevole, parlando per di più di prezzi manco fossimo al mercato.
      Siccome trovo i ragazzi, specie se presi individualmente, molto più coscienziosi e consapevoli di quanto ci si compiace di dire, non mi stupisce affatto che non siano loro a recriminare su questo punto. Ma si sa « Prima le donne e i bambini » è uno dei luoghi comuni meglio sfruttato da chi vuole far passare interessi personali per generali. E voilà che i vecchi diventano un costo che si permette pure di infastidire la nostra rassicurante routine.

      Elimina
    4. Diciamo di fatto la stessa cosa in modi diversi. E ribadisco che , a parte le esternazioni di alcuni politici, i ragazzi si sono assoggettati alle restrizioni con molta serietà, proprio nella consapevolezza di difendere i più deboli. Io ho avuto una ragazza di 17 anni segregata letteralmente a casa perché la madre è sotto chemioterapia: l’ho vista infiacchirsi giorno dopo giorno, ma non ha mai smesso di fare il suo dovere, scolastico e no.

      Elimina
  3. Siamo giunti alla fine di questo secondo anno scolastico in dad, mio figlio in prima superiore con alcuni insegnanti seri, altri disinteressati al programma e spesso assenti. Grazie a chi si è impegnato invece per far sentire meglio i ragazzi con giochi e chiacchiere via whatapp. Per me è stata dura vedere un ragazzo di 15 anni iperattivo, stare a casa, senza contatti con gli altri, cambiato anche casa, dalla città alla campagna e trovarsi solo. Ora forse riusciremo a riprendere passo dopo passo la nostra routine di libertà.
    Barbara

    RispondiElimina
  4. immagino le difficoltà... meno male che sono in pensione, chissà come avrei fatto ad insegnare matematica alle medie...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Inimmaginabile. Noi prof ci sentiamo sopravvissuti: ogni due per tre contagi, quarantene, tamponi, la mascherina per 6 ore...l'ultima campanella è stato un sollievo.

      Elimina
    2. Magnifica vignetta, davvero. Per me c'è stata soprattutto una grande stanchezza psicologica, per questo non sapere mai se il giorno dopo avrei fatto lezione e come e a chi (c'è anche stato un rifrullo di sostituzioni micidiali, da noi). Per i ragazzi è stato un incubo, semplicemente.

      Elimina
  5. E non chiedetemi perché il commento è finito qui e non nel ramo principale: non lo so.

    RispondiElimina
  6. Voglio guardare al futuro, perché volgendomi indietro provo nausea. I ragazzi ne hanno sofferto, ma con dignità, almeno per la mia esperienza di insegnante.

    RispondiElimina

Posta un commento