Di voti e lamenti (e Di colloqui con i genitori 10)


C’è una cosa che mi turba quest’anno, e non è la Prima dei Puffi, né la Quarta Araba Phoenix, ma l’aria che tira nella Terza Parva. Sta finendo il primo quadrimestre e ancora non hanno preso il giusto ritmo. Le difficoltà del Triennio non sono stimolo, ma fonte di turbamento e basta. Si è poi generato un clima non di competizione (che, se sana, è cosa buona), ma di ricerca spasmodica del risultato brillante, del voto alto, al quale si sacrificano pomeriggi e relazioni umane. Si preferisce giustificarsi per non essere interrogati “se non si sa tutto, ma proprio tutto”. Vai a far capire che sapere “tutto, ma proprio tutto” è impossibile.
“Con la matematica non capiamo niente!” “Scherzate? Avete un prof bravissimo, forse il più bravo del Liceo! Lavoro con lui da anni e le classi sono sempre state entusiaste!” “Appunto, prof: è troppo bravo!”
Il Bello se n’è andato: “Mi dispiace, prof, ma io non posso reggere questi ritmi. Nell’altro liceo con questo impegno avrò 10, qui arrivo a malapena alla sufficienza” “Ma è meglio essere l’ultimo fra i bravi, che il primo fra i somari, non credi?” “Prof, ma io qui 100 non lo prenderò mai, e il voto finale conta!”
In cosa abbiamo sbagliato?  Quando il voto è diventato più importante delle conoscenze e delle competenze? In parte la responsabilità è del credito scolastico, introdotto per valutare non solo l’esame, ma tutto il percorso del triennio. Cosa buona e giusta che, però, ha sopravvalutato il voto finale, perché, per conseguire il massimo del credito, occorre avere una media superiore a 9. E da qui lo stress da voto e la ricerca della via brevis (e facilis). Molta responsabilità, però, viene dalla famiglia.
Se comprendo, infatti (anche se non giustifico) le motivazioni dei ragazzi, non comprendo né giustifico i genitori che avallano certi comportamenti dei figli. Non credo che supporterei il Cucciolo qualora volesse cambiare scuola “perché lì è più facile avere voti alti”, come non l’ho mai fatto coi grandi, cercando anzi sempre per loro la sezione che richiedeva l’impegno maggiore e garantiva, quindi, una maggiore preparazione.
Francamente non mi riconosco più in un sistema che guarda l’apparenza (il voto alto) anziché la conoscenza, né comprendo perché si debbano educare i propri figli alla cultura del “devi avere il voto più alto” e non del “devi essere bravo e competente”, tra l’altro distruggendo i ragazzi più fragili, schiacciati dall’ansia da prestazione. Salvo poi portarli dallo psicologo ed arrivare con la certificazione che dovrebbe garantire un trattamento più “morbido” (come se i docenti si divertissero a tormentare i poveri fanciulli con metodi brutali e torture cinesi).
Una volta si cercava di passare dalla strada stretta e ripida, ora cerchiamo l’autostrada asfaltata, in una ricerca spasmodica della semplificazione. Il Genitore diceva che bisognava “farsi le ossa”, ora propiniamo omogeneizzati a chi ha già i denti per mangiare le bistecche. A questo punto, le bistecche questi ragazzi quando le mangeranno?
Perdonate lo sfogo, ma quando l’ennesimo genitore arriva e ti dice: “Il ragazzo è troppo stressato: stiamo valutando la possibilità di trasferirlo in un liceo più semplice”, un po’ di fastidio ti viene.

Commenti

  1. Sono sempre stata una "secchiona".
    Per ragioni di salute, però, mi sono diplomata con 78/100.
    Nessuno nella mia carriera mi ha mai chiesto il punteggio del diploma, e meno male, perché lo avrei comunicato con profondo disagio.
    Ho frequentato un liceo scientifico con sperimentazione informatica.
    Non ti nascondo che spesse volte mi son detta che se mi fossi iscritta alla "ragioneria" mi sarei diplomata "ad occhi chiusi" con 100.
    Ecco, quella medaglia al petto un po' mi manca, perché la meritavo. A maggior ragione considerando che non voluto frequentare l'università e che, quindi, ho solo quel numero a rappresentare il mio immenso impegno e "la mia cultura".

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    1. Il voto è importante, ma non fondamentale. È bene cercare il risultato, ma non esserne schiavi e stare male

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  2. Ma guarda che succede così anche per la scelta della scuola media, soprattutto se è possibile esprimere preferenze di sezione. Io ho sentito dire "in quella sezione no perchè si studia troppo. E poi il prof di italiano fa leggere libri..." In generale, ci sono genitori che per primi affossano i figli.

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    1. Esatto. Non posso dimenticare un open day in cui due genitori, dopo aver visto in lungo e in largo l'offerta formativa della scuola, mi hanno chiesto on candore:"ma qual è la sezione in cui si studia meno? “

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    2. E bravi volpini, come se fosse possibile dare una risposta sicura. Anche se tu riuscissi a individuare la singola sezione di nullafacenti, poi magari Inglese resta incinta e chi lo sostituisce fa lavorare moltissimo. Certo che anche 'sti genitori, a volte...

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  3. se ti può confortare, io la penso come te. io mi son diplomata con un semplicissimo 45 su 60 perché ho scelto un liceo impegnativo di Bari città invece di uno semplice e facile di provincia!! e per le mie figlie scelgo lo stesso: la strada impegnativa che ti FORMA per la VITA e non la strada semplice che ti dà solo un numero e poco spessore culturale! "non ti curar di loro ma guarda e passa".....

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    1. Qui il problema è duplice:i genitori spingono i ragazzi a dare il massimo... e poi, di fatto, non si accontentano dei risultati e cercano la strada breve

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  4. Io nel lontano 1995 mi sono diplomata con 58/60 nel liceo più duro e selettivo della città. 5 anni infernali, senza amici (classe molto competitiva e ambiente elitario), tempo per dedicarmi ad altro e tanta solitudine, ma mai un voto sotto il 7. Nessuno mi aveva imposto di farlo, i miei non volevano neppure che facessi il liceo, e comunque ne sono uscita distrutta, in burn out e il terrore di ulteriori esami. E come i tuoi studenti, se non ero preparata come volevo non mi presentavo. Stavo a casa da scuola per studiare, e i miei visto che studiavo davvero e avevo una media altissima, mi firmavano le giustificazioni. Mi rendo conto che sarebbe stato loro compito proteggermi dal mio perfezionismo sterile, ma poveretti, han fatto del loro meglio. Mi è servito? Non lo so. Certo ho imparato a studiare e a non temere la fatica fisica e mentale, ma se avessi avuto dei figli per loro avrei voluto una scuola con un valore aggiunto, oltre i voti alti o bassi.

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  5. Ecco, appunto. I genitori dovrebbero proteggerti dal perfezionismo, non accentuarlo, salvo poi togliere le castagne dal fuoco. Lo studio serio è faticoso, ma la soddisfazione non deve essere data solo dal voto. E i genitori dovrebbero aiutarti a capirlo.

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  6. Mio figlio mi diede una grande lezione dopo gli esami di terza media. Lui era bravissimo nelle materie letterarie, meno in quelle scientifiche. Fece un esame brillante ma uscì con 9. I 10 furono tre, uno strameritato, uno della cocca della prof. di italiano e uno inspiegabile. Quando io esternai il mio disappunto lui mi guardò e mi disse"Sono numeri, non possono contenere una persona ". Ha scelto il classico, sezione di punta, ma è incappato nella riforma che prevedeva i crediti dal terzo anno in poi e il suo prof. di matematica,pessimo insegnante nonostante la sua indiscutibile preparazione, non ha mai ritenuto di dover alzare il voto in prospettiva finale. É uscito con 94. Stessa reazione. Mi sono dispiaciuta più io di lui. Perché ha una consapevolezza di sé, del suo valore che un numero non può mettere in crisi. Ora che è all'università la musica è cambiata perché sa che il voto serve ma il suo atteggiamento è identico. Il merito non è mio ma della neuropsichiatra che lo ha seguito quando a scuola era bullizzato dai suoi adorabili compagni della scuola media. Quindi tutto dipende da cosa si vuole dalla vita e che percezione si ha di sé stessi. Questi ragazzi sono fragili e hanno bisogno di conferme. I genitori non li aiutano e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

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    1. Che i ragazzi siano fragili non c'è dubbio, ma che i genitori siano più "deboli" di loro ė francamente inaccettabile. Tu hai la fortuna di un figlio maturo, purtroppo molti non hanno la stessa consapevolezza

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  7. Non sono d'accordo. Ci sono sempre stati genitori solidi ed equilibrati cui interessava non tanto il voto (purché fosse almeno sei) quanto la preparazione effettiva, ma son sempre stati una minoranza: di solito conta il risultato, altrimenti nessuno si preoccuperebbe di copiare. Da insegnante, io che sono stata un'alunna perfezionista ( e spesso perversamente inchiodata a voti bassi per tutto il liceo) cerco di remare contro incoraggiandoli molto a lavorare con quel che hanno e a studiare regolarmente un minimo sindacale per non restare mai troppo indietro, e rifiuto sempre di fargli "rimediare" un'interrogazione venuta male. La vita non concede spesso prove di riparazione, ma nuove occasionisì, e a bizzeffe.

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