Di riflessioni del cactus

(questa bellissima pianta l'ho fotografata
nel chiostro di san Gregorio Armeno a Napoli)

Le piante grasse sono strane: basta una foglia per far nascere una nuova pianta, attecchiscono con facilità, resistono alle condizioni più estreme, riescono a fare a meno dell'acqua, sopportano il sole cocente, respingono con le loro spine, sembrano non crescere mai, ti danno l'idea di svilupparsi senza il tuo aiuto, ma se sbagli terriccio o dai loro troppa acqua (o troppo poca) ingialliscono e muoiono. Quando si ammalano a volte è necessario tagliare con decisione la parte malata, restano inattive e sonnecchiose per mesi e poi, all'improvviso, quando meno te lo aspetti, ti sorprendono con un fiore, bellissimo ed effimero, che non puoi cogliere, ma solo ammirare da lontano.
Sviluppano polloni dalla base, che a volte si staccano spontaneamente e si fanno portare dal vento, per attecchire altrove o che si possono recidere e piantare da un'altra parte. 

Nella lunga osservazione di questa lunga estate Dolcezze ha capito una cosa: che i cactus somigliano ai figli: la loro nascita è un prodigio, se pensiamo alla piccolezza del materiale di partenza, si sviluppano nel tuo corpo senza che tu faccia nulla; una volta nati, li devi curare, certamente, ma poi, di fatto, crescono da sé. Non ti accorgi quasi che diventano grandi...e all'improvviso ti trovi una figlia di vent'anni. Sono resistentissimi, ma hanno bisogno della terra buona e devi dosare bene le tue attenzioni: se sono troppo poche avvizziscono, se esageri li soffochi. Se sbagliano li devi correggere, anche se li fai soffrire, perché se no rischiano di prendere strade cattive; ti sembra che le tue parole cadano nel nulla e invece poi, all'improvviso, da un gesto o da una parola,  comprendi che le hanno metabolizzate. Ti respingono se ti avvicini troppo, ma poi fioriscono di colpo: tu puoi solo ammirarli e non puoi pretendere di godere della loro bellezza. Si staccano da te per cercare altrove la loro strada e tu, anche se vorresti trattenerli, li lasci andare, perché sai che nel tuo stesso vaso non potrebbero svilupparsi liberamente, ma in te rimane una ferita che lascerà una dolorosa cicatrice. 
Quando, però, attecchiscono altrove e tu li vedi trasformarsi e generare altri polloni, allora gioisci e capisci di aver fatto bene il tuo lavoro.

Commenti

  1. Grazie! Ho visto che stai facendo un giro x il blog...benvenuta!

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  2. Non ci avevo mai pensato... Beh, il paragone non fa una piega...
    Una volta avevo pure io la fissa delle piante grasse. Di quelle mignon. Non hanno mai dato grandi soddisfazioni, ma almeno duravano. Anche a casa mia.

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