Di scuola: post triste
AVVISO AI NAVIGANTI: il post che vi avviate a leggere è serio, ad alto indice di scoraggiamento e disillusione e nasce da una triste discussione avuta con un amico sere fa.
Maestro
elementare, a 65 anni suonati, ha visto svanire il sogno della pensione e si è
dimesso. Non ha fatto ricorso a mezzucci salvastipendio, quali il certificato
di un medico compiacente o la richiesta di aspettativa, per non andare a lavorare
pur mantenendo le sue entrate: ha detto basta e vivrà coi suoi risparmi fino al
raggiungimento dell’età giusta della pensione, 67 ANNI e passa. “Non ce la posso fare. Il mio mondo non è
più quello dei bambini di oggi. Mi aggiorno, mi informo, ma io sono un uomo
della metà del secolo scorso, un uomo primitivo in una navicella spaziale. Non
ho più niente da dire. Non parlo più la stessa lingua…e non ce la faccio più.
Ho dato tanto alla scuola, ai bambini…ma ora sono arrivato. Vorrei avere un po’
di tempo per me (dopo più di 40 anni di levatacce all’alba, di navi, di treni e
di macchine), vorrei poter fare un viaggio in primavera, vorrei non avere più
quaderni da correggere e recite di Natale da preparare, prima di finire in
qualche ospizio col pannolone”.
Non
me ne intendo molto di economia, ma è chiaro che capisco bene che il sistema
pensionistico pre-Fornero non è più sostenibile. Quello che, invece, non
capisco affatto è come sia possibile mantenere al lavoro (e nell’insegnamento
in specie) chi ha ormai esaurito le sue energie, anche perché ne ha impegnate
tante in più di 40 anni di attività.
Immagino
già le contestazioni: “Ma l’insegnamento
non è un lavoro pesante! Non è come lavorare in miniera!” E qui parte la
solita tiritera sui 3 mesi di ferie e sul lavorare mezza giornata, su cui non
mi esprimo (è una causa persa!), visto che lo stesso Amato Bene, che pur vede
che l’impegno scolastico è continuo, con pomeriggi a scuola per le varie attività
e con sabati e domeniche a correggere compiti e pianificare lezioni e
verifiche, sostiene che LuiLavoraMoltoDiPiù.
Il
punto è che non c’è solo un’usura fisica, ma anche un’usura mentale.
L’insegnamento è indubbiamente il lavoro più bello del mondo per me (altrimenti
non l’avrei scelto), ma la velocità con cui il mondo cambia, i ragazzi
cambiano, le famiglie cambiano comporta uno stress difficilmente spiegabile a
chi non è del ramo.
A
ciò aggiungi la continua svalutazione del lavoro del docente: in un contesto in
cui tu vali per quanto guadagni è ovvio che l’insegnante, che guadagna poco,
valga poco. Lo provano anche i risibili aumenti dell’ultimo contratto: è vero,
siamo tanti, non ci sono soldi, ma è triste che il tanto pubblicizzato “obolo” forse
consentirà solo una pizza per tutta la famiglia (di ristorante non se ne parla
neanche).
La
morte dell’autorità genitoriale ha portato alla perdita di autorevolezza di
tutte le istituzioni, la scuola in primis. Se al genitore si è sostituito il
genitore-amico, l’insegnante non ha più la stessa aura sociale: in fondo è
pagato per fare quello che fa e, quindi, nella logica del cliente che ha sempre ragione lui ha sempre torto: o non comprende il povero fanciullo, o pretende da lui contenuti ormai non indispensabili, visto
che esiste la possibilità di trovare in rete tutte le informazioni (che poi l’allievo
non abbia più la capacità di decodificare le notizie assunte su internet è un
problema secondario), oppure è troppo esigente.
L’essenziale
è che lui abbia torto. Ecco che il genitore viene a contestare il voto, o
denuncia presunti torti in Dirigenza, o, peggio, malmena il docente colpevole,
per non parlare dell’alunno che ha sfregiato l’insegnante solo perché voleva
interrogarlo. Povero ragazzo, lei avrebbe dovuto smetterla di vessarlo alla
fine del quadrimestre: se l’è cercata.
Si
sta perdendo il senso della funzione educativa e sociale della scuola, che è
veramente la riproduzione in piccolo della società, si sta perdendo il senso
dell’insegnamento, sommersi come siamo da una montagna di scartoffie inutili che
fagocitano ore intere, si sta perdendo la bellezza del tramandare saperi ed
esperienze, perché il tempo scuola troppo spesso è impegnato in attività certamente
utili (alternanza, conferenze, orientamento et similia) che comunque
distraggono.
Si
sta, soprattutto, perdendo l’entusiasmo perché, se io vivo in una condizione
privilegiata, con classi impegnate e attente, non posso non vedere quello che c’è
intorno, la progressiva distruzione del sistema scuola, che parte dal Dirigente non più Preside, per continuare con la pseudo valutazione del docente, per
finire con l’abolizione del voto di condotta già prospettata dal Ministero.
A
riguardo, mi permetto di fornire alle Autorità Superiori altre idee per
migliorare i rapporti discenti-docenti-famiglie:
- eliminazione del voto: in realtà non dice nulla della preparazione dell’alunno, ma è solo fonte di stress per tutti;
- inizio delle lezioni alle ore 10 e fine alle ore 13,30: sicuramente l’allievo sarà più attento e produttivo, se non è costretto ad odiose levatacce o a restare a scuola quando ha fame;
- niente compiti in classe, a meno che non siano test a crocette: i saperi si possono verificare in modi meno invasivi, ma non con le interrogazioni, per carità…basta qualche domandina qua e là;
- niente compiti per casa: si apprende a scuola, se l’insegnante è bravo: non c’è bisogno di ulteriore impegno a casa che impedisca ai fanciulli di occupare i loro pomeriggi in maniera più costruttiva, organizzando tornei di Playstation o maratone di serie tv o anche, in subordine, in sport, inglese e piscina;
- fine della scuola il 31 maggio e inizio il 1 ottobre, come una volta: giugno e settembre sono i mesi migliori per andare in vacanza a prezzi scontati, per giunta.
In
questo modo ne trarrà vantaggio anche l’insegnante che forse, finalmente, a
casa non dovrà più correggere montagne di fesserie e a scuola non dovrà
ascoltare sempre le stesse cose, potrà evitare di partire in vacanza nel caldo torrido di
agosto, quando aerei e alberghi hanno tariffe intoccabili per il suo stipendio
e, finalmente, non verrà valutato per il suo lavoro dai risultati dei suoi
allievi.
che tristezza...Semu pessi (traduzione per gli italici lettori: siamo persi)Mi dispiace davvero tanto per il tuo amico insegnante....ma lo capisco, altro se lo capisco! un Paese che non dà lavoro ai giovani, che non coccola i suoi anziani, che non incentiva i suoi dipendenti e che non è presente in niente ... solo nel vessare con balzelli e tasse spesso inique... mi chiedo: che Paese è???
RispondiEliminascusami per questo commento, forse non consono o forse eccessivo, se ritieni cancellalo pure...
:*
Perché cancellarlo? Purtroppo anche tu esprimi un disagio, una crisi di appartenenza che è fin troppo diffusa
Eliminache tristezza !!! condivido tutto quello che hai scritto , mi dispiace molto per il tuo amico ma riesco a capire il suo stato d'animo e la sua delusione....per noi la strada è ancora estremamente lunga...
RispondiEliminaInfatti. E io lo considero estremamente ingiusto, soprattutto per le donne che hanno il doppio e triplo lavoro della cura di figli e anziani. Confesso che , se penso a quanto manca a me, nonostante abbia cominciato a lavorare due mesi dopo la laurea, mi sento male
EliminaLa Scuola è un tema molto complesso, ognuno di noi ha mille idee su come renderla migliore e meno stressante anche per le famiglie. Anche se triste, condivido pienamente quello che dice il tuo collega, e spero che un giorno avrò i risparmi sufficienti per poter lasciare il lavoro prima della pensione, come ha fatto lui, ma, da dipendente statale, ne dubito.
RispondiEliminaCi sono tante cose da dire, sono contenta che tu abbia sollevato il problema.
Lui si è potuto permettere il lusso di andarsene prima perché sta bene e non ha famiglia da mantenere. Ho molto ammirato, comunque, la sua onestà e la sua scelta, indubbiamente difficile. Per noi tutto ciò sarà, molto probabilmente, impossibile.
EliminaNon ho nulla da aggiungere né da obiettare riguardo alle tue considerazioni.Mia madre, insegnante di scuola materna, quindi considerata meno di tutti, arrivava a casa stremata perché i bambini a quell'età sono ancora senza freni. Eppure non perdeva mai la pazienza, li consolava, li coccolava, li educava.Eppure di maestre della scuola dell'infanzia si parla solo quando c'è un fatto di cronaca nera, annullando tutto il bene che tanti insegnanti fanno tutto il giorno per anni, con uno stipendio esiguo e la considerazione nulla di genitori e dirigenti.Comincia da qui il malessere della scuola.
RispondiEliminaInfatti. E coi piccoli non si tratta solo di fatica fisica, ma della costante attenzione perché con la loro vivacità si facciano male. Eppure il ruolo degli insegnanti della scuola materna e della primaria è fondamentale nella formazione. Fondamentale e sottovalutato.
EliminaApprezzabile il tuo amico. Molto toccante quello che scrive. Talvolta noto anch'io che parlo una lingua che i ragazzi non capiscono. Triste.
RispondiEliminaMolto, molto triste
EliminaMi sento un po' a disagio a commentare perché (per il momento!) non soffro di nessunissima crisi di appartenenza e anzi mi sembra di essere uscita da poco dalla fase di tirocinio, ma vedo bene che questo è un lavoro che può logorare terribilmente - e mi sono sempre domandata come facciano gli insegnanti di elementari e materne a sopravvivere a ogni singola giornata: non sarà come stare in miniera, ma vedo bene che è pesante. Per tutto il resto mi hai innescato una serie di riflessioni interessanti, e quindi ti ringrazio ^_^
RispondiEliminaTe beata! Io mantengo tutto il mio entusiasmo nelle classi, ma tutto il resto mi sta distruggendo
EliminaMa è chiaro da cosa? "Non me ne intendo molto di economia, ma è chiaro che capisco bene che il sistema pensionistico pre-Fornero non è più sostenibile."
RispondiEliminaPerché perfino la UE afferma il contrario già nel 2011. A pagina 49, con tanto di disegnino nel Rapporto sulle finanze pubbliche dell'eurozona.
E poi: ma cosa e chi decide cosa sia "sostenibile" e cosa no? Sanità previdenza, scuola sono diritti costituzionali. La spesa pubblica dev'essere sufficiente a garantirli, punto. Altro che tagli e riforme in nome di non si sa cosa. Se no poi ci riduciamo a piangere sui casi pietosi, come se questa situazione non avesse cause, ragioni e vie d'uscita. Che certo non stanno nel voto di condotta, il quale, comunque la si pensi, resterà perché a Salvini piace molto.
Confesso e riconosco la mia ignoranza tecnica, ma non puoi disconoscere che un sistema in cui ci sono tanti che riscuotono la pensione da quando avevano 30 anni (pensione modesta, va bene, ma vitalizio per 50 anni: conosco di persona una signora baby pensionata), in cui tanti riscuotono molto più di quanto hanno versato, in cui, soprattutto, mancano i lavoratori giovani coi loro contributi, non può resistere a lungo. Ciò che trovo assolutamente ingiusto, invece, è elevare l'età pensionabile senza tenere conto di tante situazioni, come, ad esempio, la condizione di molte donne che si dividono tra lavoro, famiglia, assistenza ad anziani prima e nipoti poi e che il precedente sistema pensionistico tutelava. Riguardo alla spesa pubblica che dovrebbe essere sufficiente a garantire scuola, previdenza e sanità, questo VERAMENTE dovrebbe essere, ma ci vorrebbero i soldi e per trovarli occorrerebbe eliminare privilegi e, soprattutto, quell'evasione fiscale, che è ciò che prosciuga, nei fatti, il bilancio pubblico
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