Dei cavalli del Governo* (e di Lessico famigliare 1)
La
notizia del suo arrivo non portò gioia.
C’era la guerra…e altre 5 bocche da
sfamare: una nuova gravidanza non era decisamente quello che ci voleva. Il fratello maggiore, che vedeva la madre piangere silenziosamente, era furioso: non lo
voleva quest’altro problema. Anche quando tutti ormai si erano “rassegnati” e
si tiravano fuori le fasce per il nascituro, solo lui si manteneva distaccato e
quasi offeso. Quando le donne si chiusero nella stanza con la madre, mentre la sorella
approfittava della disattenzione per imparare ad usare la macchina da cucire
(non aveva neanche 11 anni), lui uscì. Non voleva avere niente a che fare con questo
intruso.
Quando
tornò, però, la vide: bianca e rosa, bellissima, e se ne innamorò. Per tutta la
vita avrebbe manifestato con doppia dose di affetto e di attenzioni il
pentimento per i suoi cattivi pensieri. Le venne imposto come nome Maria,
perché ormai tutti i parenti erano stati omaggiati e il padre pensava che il
nome della Madonna andasse bene per questa figlia in principio non desiderata
ma già tanto amata. Crebbe timida e riservata, sempre in casa, attaccata alle
gonne della madre e della sorella maggiore, amando il bello e l’eleganza. Quando
faceva delle richieste troppo grandi o esprimeva desideri fuori portata, suo
padre la prendeva in giro: “Tu hai
sbagliato casa, tu dovevi nascere baronessa!” Ricamava con arte un corredo
infinito, dedita a lavori delicati e poco disponibile alle attività esterne.
Sognava un sereno futuro di sposa e di madre, anche perché era molto carina,
anche se troppo timida.
E
poi il padre si ammalò, la sorella rifiutò tanti matrimoni, perché non se la
sentiva di lasciare madre e fratelli in difficoltà, e lei decise che non poteva
lasciare la sorella da sola.
Dedicò
tutta la sua giornata alla cura dei suoi cari e della casa, ma a lei, la picciridda, erano risparmiati i lavori
pesanti, le responsabilità, i pensieri. Lei era la compagna di giochi per le
sue nipotine, quella che ripeteva filastrocche e formulava indovinelli, ma
aveva le mani curate di una baronessa.
E
poi la malattia sua, e poi quella dei fratelli e della sorella e lei, all’improvviso,
carica di tutti i pesi, costretta ad uscire dal morbido bozzolo della sua casa
e a interagire con un mondo così diverso dal suo. Lei che aveva vissuto una
vita agevole e serena, si trova adesso a dover reggere il mondo della sua casa facendo la fine dei “cavalli del governo”.
E lei, quella non attesa, è diventata il perno di tutta la famiglia.
E
anche se qualche volta si scoraggia e ha paura, continua a ripetere: “Come
vuole Dio. Ci pensa Dio”, con quella saggezza antica che consente di affrontare
ogni difficoltà in virtù della fede.
Domani compirà gli anni, ma non mi aspetta: “Non
ti preoccupare se non puoi venire: per noi la festa è quando vieni”
Auguri,
zia Maria.
Sto
arrivando.
*L’espressione era
utilizzata a casa Dolcezze, ma non l’ho trovata attestata da nessun’altra
parte. La fonte, probabilmente, era il Nonno e faceva riferimento più che ai
cavalli ai muli dell’esercito. Questi, da giovani, facevano la “bella vita”,
ben nutriti e curati, a fronte di fatiche limitate, ma, una volta invecchiati,
venivano venduti ai contadini, che li sottoponevano a carichi ben più pesanti.
L’espressione era riferita a chi aveva avuto una giovinezza serena e con poche
fatiche e responsabilità e poi, invecchiato, era costretto ad affrontare
difficoltà e problemi.
Tanti, tanti auguri alla Zia Maria.. :*
RispondiEliminaSolitamente mi sganascio dalle risate leggendo delle avventure di Villa Arzilla... ma stavolta mi hai veramente commosso, Dolcezze!...
RispondiEliminaAUGURONI A ZIA MARIA! <3
Bellissimo ritratto.
RispondiEliminaUna vita sacrificata come troppo spesso accadeva una volta.
Auguri a questa grande donna
Bellissima storia di vita vera.......
RispondiElimina@ tutte: grazie. Storie così ormai non sono concepibili, ma è giusto che non restino nascoste per sempre
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