Dei libri dell'anno 37: Gli anni al contrario
Romanzo
strano quello di cui parlo oggi per il Venerdì del libro, strano perché non
riesco bene a definirlo. C’è tanto, troppo, ma la scrittura non mantiene le
promesse della storia, che in sé sarebbe bella. E’ come se fosse la bozza di
un’opera di più ampio respiro, perché c’è dentro di tutto, ma solo poche pagine
sono veramente mirabili e ti commuovono.
E’
la storia di due giovani, provenienti dalla buona borghesia di Messina, anche
se le famiglie si pongono su fronti politici opposti. I due vivono i movimenti
studenteschi, vengono sfiorati dalla lotta armata, si sposano, hanno una figlia…ma
le loro strade sono divise già in partenza.
Lui,
Giovanni, è un personaggio indefinibile, eternamente inquieto, mai soddisfatto,
incapace di un progetto chiaro e destinato ad un inevitabile fallimento. Lei,
Aurora, ha più carattere, porta avanti la sua vita e sua figlia, ma anche lei è
un personaggio incompleto. Più particolare, anche se sfumata, la figura della
figlia, che vediamo crescere anche nel suo rapporto col padre.
Nel
romanzo troviamo, come già detto, di tutto: il ’68, gli anni di piombo, l’ipocrisia
di una piccola città, la droga, l’Aids, le difficili relazioni interpersonali,
l’ideale politico e la politica di facciata…ma è tutto solo sfiorato. La narrazione è distaccata e, in gran parte,
fredda. La lettura ti lascia un senso di inquietudine e di disagio che, però,
raramente è commozione.
Molto
bella (e, forse è il motivo per cui il mio giudizio resta sospeso) è la
riflessione che Giovanni fa del rapporto con Aurora in una lettera che le
scrive dopo il periodo in comunità, lettera nella quale con lucidità analizza
la loro storia. Qui esprime quella consapevolezza che noi lettori abbiamo già
dalle prime pagine, che cioè la loro coppia sia incapace di una comunicazione
profonda e viva “al contrario”. In questo sprazzo (come in alcuni incontri con
la figlia) noi intravediamo l’interiorità di Giovanni che avrebbe richiesto un
migliore approfondimento. Dispiace un po’ che l’autrice non sia riuscita a
scandagliare quest’animo tormentato e lo abbia lasciato nel limbo dell’incompiutezza.
Ecco,
forse il termine più giusto per questo romanzo è “incompiuto”, ma è un’opera
prima e per questo mi sento di dare un’altra possibilità all’autrice.
L'ho letto anche io, ma mi ha deluso, aggiungerei, oltre che incompiuto, anche scritto male, nel complessivo.
RispondiEliminaMmmm, da come lo descrivi non mi ispira, anche perché non è il genere di storie che ho voglia di leggere in questo momento, Comunque, trattandosi di un'opera prima, se ci sono molti elementi positivi, di sicuro l'autrice merita un'altra chance, come scrivi tu.
RispondiEliminaAnch'io sono rimasta delusa da questo romanzo,e dire che avevo letto recensioni positive,compresa quella di Saviano.
RispondiEliminaLa prima parte mi è sembrata confusa,inutilmente frettolosa e con una totale mancanza di caratterizzazione dei personaggi.Nella seconda ho trovato,come te,un salto di qualità nella scrittura che mi ha permesso di entrare di più nella storia.
Un'occasione perduta per ricordare gli anni di
piombo che tanto hanno significato nella storia della mia generazione.
La storia che racconti credo mi sarebbe piaciuta molto, peccato per questa "falsa partenza" dell'autrice, vedremo il prossimo libro.
RispondiEliminaCiao
Flavia
@ povna: oltretutto,come dicevo, non coinvolge e non commuove
RispondiElimina@Mamma Avvocato:in effetti l'estate volge ad altre letture, più leggere
@ Solsido:allora siamo pienamente d'accordo...
@ Flavia: infatti, occasione sprecata. Aspettiamo il prossimo
Non è che questa recensione mi invogli molto, sono sincera.
RispondiEliminaSì, d'accordo, avanti il prossimo