Dei libri dell'anno 27: La magnifica felicità imperfetta
Quando
mi è stato proposto da far leggere alla Prima il romanzo “La magnifica felicità
imperfetta” di Lucia Vastano, sono rimasta perplessa. Il sottotitolo recita
testuale: Storia di un lanciacacca che
incantò il mondo. E la mia reazione è stata: “Ma cacca cacca?” E la
risposta “Cacca cacca, ma è bello”.
L’ho
preso in mano poco convinta e invece le prime pagine mi hanno subito catturato.
Si parva licere componere magnis, mi
ha ricordato La vita davanti a sé di cui ho parlato qualche settimana
fa. Stessa vicenda di base, anche se ambientazione indiana: un bambino, Rakesh,
che, rimasto orfano e cacciato dalla sua casa, si trasferisce a Delhi e qui si
dà ad un’attività decisamente “puzzolente”. E’, infatti, specializzato nel
gettare escrementi sui piedi dei turisti in maniera che il lustrascarpe (alle
cui dipendenze lui lavora) possa pulirle e ricavarne un guadagno. E’ un lavoro
decisamente sporco, ma “pulito”, perché lui, alla fin fine, non ruba. E’ un
bambino particolare: non è un relitto umano, come tanti altri (“Anche se tu tratti cacca, tu non sei cacca” “Se il tuo lavoro vale poco non significa che la
tua vita conti meno di quella di un milionario”), non si lascia andare alle droghe
o alla prostituzione: sa leggere e scrivere e cerca di trovare il modo per
migliorare la propria condizione. Aspira a diventare “imprenditore” e compra la
scatola di lustrascarpe per mettersi in proprio, ma il racket del mercato lo
prende di mira e lo lascia mezzo morto. Cerca protezione in una sorta di banda
di bambini di strada, che lo accolgono in cambio di “lezioni” di lettura e
scrittura. Qui, in forma quasi di normalità, vengono presentati bambini già
morti dentro per lo sniffare colla o bambine destinate ai bordelli per gli
occidentali, ma Rakesh riesce a passare indenne tra tutto questo, perché lui ha
l’istruzione, un amico, Raj, e un baba, un asceta che vive nella strada e lo
educa col suo esempio e la sua sapienza.
E
Rakesh cresce e si innamora, ma in un’India ancora soggetta alle rigide forme
delle caste, il suo
amore è impossibile. Rakesh, però, non molla. La difficile ascesa al santuario
di Shiva diventa per lui il punto di arrivo di un percorso e l’inizio di una
nuova vita: ha successo scrivendo un libro in cui insegna agli uomini come
raggiungere la felicità e in cui sintetizza tutti gli insegnamenti del suo
maestro, diventa ricco e con la sua generosità aiuta tanti. Ma questo ancora
non basta e dovrà ancora lottare per arrivare a quell’amore a cui aspira, non
prima, però, di aver capito una cosa fondamentale: “Niente nella vita può
essere perfetto, nemmeno la felicità…In una vita niente è più imperfetto e
doloroso di una felicità perfetta, alla quale ostinatamente ci si attacca per
paura di perderla. Perderla e poi ritrovarla mille volte: questo è il segreto
della vera felicità, che giustifica lo scorrere della nostra esistenza”.
Dal
punto di vista tecnico, la prima parte è più riuscita che la seconda e la terza,
il periodare è semplice ma accettabile, si tratta di un testo che offre notevoli spunti di
discussione, ricerca e approfondimento (e quindi utilizzabile bene a scuola),
bello l’invito alla scrittura (“Scrivi sempre, scrivi tutto. Questo ti aiuterà a
chiarirti le idee su quello che sei e quello che vuoi”), ma l'evolversi e il concludersi del romanzo mi sembra un po’ troppo, per
rimanere in tema, da Bollywood. Anche l'India, pur presentata in forme insieme realistiche e poetiche, rimane, per me, un po' troppo sullo sfondo.
Bellissimo , però, l'inizio, in cui il profumo dominante del gelsomino, mescolato a ben altri odori (!), acquista una forza tutta sua, evidenziando, meglio che ogni altra cosa, la netta dicotomia della realtà indiana.
Bellissimo , però, l'inizio, in cui il profumo dominante del gelsomino, mescolato a ben altri odori (!), acquista una forza tutta sua, evidenziando, meglio che ogni altra cosa, la netta dicotomia della realtà indiana.
Piacere di averti conosciuta tramite i venerdì del libro, a presto!
RispondiEliminaIl piacere è mio!
EliminaPerplessa. Da una parte la tua recensione mi conquista. Dall'altra vorrei sapere che cosa ne sai costei della realtà indiana.
RispondiEliminaLa scrittrice racconta di aver conosciuto l'India prima dai racconti del padre e poi personalmente. Quando la incontreremo (a marzo) chiederemo maggiori dettagli. In ogni caso è un libro interessante. L'ascesa alla montagna di Shiva ricorda altre ascese (reali e simboliche) della letteratura, ma la parte dell'infanzia è per me la più riuscita
RispondiEliminaA me ispira! Continuo a compilare la mia lista, che ultimamente procede solo grazie ai tuoi consigli!
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