Del dolore e della vergogna (o dei libri dell'anno 7)



Oggi c'è molto dolore e molta rabbia nello scrivere questo post per il venerdì del libro, perché ciò di cui vi parlo non è un romanzo, drammatico per quanto vuoi ma opera di finzione, ma una serie di storie vere. E tristi. E terribili. Storie che ti devastano e non ti fanno dormire perché, anche  se tu pensi di essere fuori da situazioni del genere (a meno di improvvisi e improbabili attacchi di follia dell'Amato Bene), hai una figlia che potrebbe, Dio non voglia, venire a contatto con realtà del genere. 
E questo pensiero ti toglie il sonno. 
Perché per quanto una ragazza abbia in casa un modello di marito e di padre se non perfetto quasi, può sempre incappare nel delinquente di turno, quello che la riempie di attenzioni e premure per farla cadere nella sua rete e poi si rivela il mostro che è, quando lei è coinvolta affettivamente, quando ha dei figli che vuole  tutelare, quando, con la sindrome da crocerossina, pensa di poterlo cambiare e salvare. 
Il giornalista che ha curato questa inchiesta, Riccardo Iacona, racconta con uno stile scarno e asciutto quella che sembra quasi essere la "normalità" dell'orrore: uomini violenti, patologicamente gelosi, incapaci di accettare che le proprie donne possano rifarsi una vita senza di loro. Uomini che, una volta catturata la propria preda, la isolano dal suo mondo, dai suoi interessi, dalle sue amicizie, dal suo lavoro, perché vogliono esercitare il potere assoluto su di lei, perché sono loro i padroni e signori. 
E' terribile leggere come tutte queste storie di orrore pressocché quotidiano siano accomunate tutte da un amore cieco, che impedisce di individuare i segnali che poi, a dramma consumato, appaiono evidenti. 
E' terribile il silenzio che accomuna queste storie, il silenzio dell'interessata, indubbiamente, ma anche il silenzio dei parenti che non sanno nulla, dei vicini che non sentono nulla, delle autorità che, anche se, a volte, informate, si limitano a raccomandazioni vaghe o a consigli inattuabili. 
E da qui nasce la vergogna, per essere parte di una società che non riesce a difendere e, soprattutto, non riesce ad educare. 
Come genitori e come insegnanti che messaggio sui rapporti uomo-donna diamo? Siamo capaci di presentare modelli validi o, troppo spesso, continuiamo a proporre gli stereotipi consolidati del rapporto uomo-donna impostato come rapporto padrone-serva? 
Mi rendo conto, banalmente, di quanto contribuiamo quando da madri chiediamo la collaborazione nei servizi domestici più alla figlia e meno al figlio, quando educhiamo le femmine ad essere buone e accoglienti e godiamo sornione quando il nostro maschio "comanda" e "si sa difendere".
I mostri che uccidono non sono alieni venuti da Marte, ma sono figli di donne, di madri che, certamente (non posso e non voglio  pensare il contrario!) hanno educato al bene i loro figli. Eppure qualcosa non ha funzionato se un diciassettenne massacra la sua ragazza e le dà fuoco mentre lei è ancora viva e chiede pietà. 
Le colpe si possono ricercare ovunque, nella cultura (o nell'ignoranza culturale), nei modelli familiari, nelle cattive compagnie...ma non dimentichiamo il ruolo dei social network, della televisione, delle pubblicità...Ricordate qualche tempo fa lo spot dell'uomo con la donna incatenata ai suoi piedi? Che messaggio arriva? E noi che facciamo?  

Veramente il mio sentimento è il dolore, per tante vite spezzate, per tanta brutalità, per il dolore delle vittime e dei loro cari, ma il sentimento più forte è la vergogna, per non aver saputo vedere, riconoscere, correggere, formare. 
Da genitori non sottovalutiamo di educare al RISPETTO. Solo così, forse, potremo contribuire ad evitare l'orrore.


Commenti

  1. devo rileggere la tua recensione e trovare le parole giuste, ora mi limito a dirti, che educare al bene non basta, occorre dare l'esempio... occorre insegnare a dire NO! occorre insegnare a sopportare di non essere per forza facenti parte di un gruppo, ci vuole coraggio, consapevolezza, e esperienze a volte non felici da cui attingere... ma è undiscorso complesso, complimenti per la recensione e per la segnalazione.

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    1. L'esempio è fondamentale e , come madri, dobbiamo essere noi a fornire quello di una donna sicura, forte, che ama, sì, ma non si fa ridurre a oggetto e mantiene la propria dignità

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  2. perdonami, ma blogspot e wordpress non comunicano al meglio, saresti così gentile da rimuovere il primo commento e lasciare quello anonimo? perché il sistema non mi permette di lasciare solo monica mimangiolallergia quindi non voglio che l'indirizzo mail stia lì ... e non è importante se il mio nome non compare, a me premeva lasciarti un commento.

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  3. Stento a credere che questi uomini siano stati educati bene e, soprattutto, abbiano avuto buoni esempi.
    Se ascoltii le storie delle madri di boss della mafia, ti accorgi che per quelle madri educare bene era educare alla delinquenza.
    Comunque e' certamente un libro che andrebbe letto per capire un po' di più, perché da madri fa paura che un giorno possa toccare ai nostri figli subire....ora, però, non riuscirei a digerire queste storie, lo confesso!

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    1. So che, purtroppo, hai ragione quando dici che, in determinati ambienti, educare è "educare alla delinquenza", ma mi ostino a credere che le madri non vogliano questo. Spesso la loro è "ignoranza" di realtà alternative. Nel libro ci sono degli esempi illuminanti a riguardo.

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  4. La responsabilità che abbiamo da genitori è importantissima: educazione e soprattutto esempio possono sicuramente produrre adulti equilibrati e "sani". Certamente poi ci sono le esperienze e gli incontri negativi che possono svoltare un'esistenza, distruggere l'integrità di una persona, fare da motore a gesti violenti, ma se noi diamo un buon esempio, se noi cresciamo persone con un'autostima salda, difficilmente diverranno mostri e avranno qualche strumento in più per proteggersene.

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    1. Penso anche io che la mancanza di autostima sia uno degli elementi alla base di tanti atteggiamenti violenti . Anche per questo la nostra responsabilità come educatori è fortissima

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  5. Intanto bisognerebbe smetterla con la storia che le donne non si toccano neanche con un fiore.Il principio è che non bisogna usare violenza contro nessuno.Quando mio figlio è stato picchiato da un coetaneo per una banale questione fra ragazzi,il suo cruccio era di non aver avuto la prontezza di reagire perché a casa nostra non aveva mai assistito a niente che avesse a che fare con la violenza.E dire che nei film e nei video giochi battaglia,sangue e morte abbondano.Ma quella è la realtà virtuale.L'esempio di vita vissuta tutti i giorni in famiglia,con gli amici,a scuola crea la differenza.Io non ho mai desiderato per un attimo che mio figlio avesse reagito e l'ho sempre rimproverato ogniqualvolta manifestava la sua rabbia recriminando sulla sua mancata reazione.È un ragazzo normale ma sono sicura che non sarebbe capace di fare del male a nessuno,indipendentemente dal sesso.La scommessa importante per noi educatori è questa:formare giovani capaci di dialogare,di esporre le proprie ragioni,anche contrastanti fra di loro,senza cadere nella tentazione di prevalere.Questi uomini che picchiano e uccidono le loro donne sono prima di tutto dei falliti come persone ,incapaci di relazionarsi con gli altri con la forza delle loro idee.E quando incontrano una donna che li fa sentire importanti scattano i meccanismi perversi del possesso come affermazione di sé.Lo scatto di orgoglio tocca alla donna.

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  6. Io di recente ho letto questo: http://www.libri-stefania.blogspot.it/2014/02/avevo-12-anni-ho-preso-la-bici-e-sono.html e i sentimenti che ho provato sono gli stessi di cui parli tu....

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    1. Il tuo post mi era sfuggito, grazie per la segnalazione.
      Letture del genere non lasciano indifferenti e ti riempiono di domande che non sempre hanno una risposta. E fanno male.

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  7. E' una lettura che lascia il segno. Tempo fa ne ho parlato anch'io in occasione di un Venerdì del libro; se vuoi, ti lascio il link: http://viverealmare.blogspot.it/2013/05/venerdi-del-libro-se-questi-sono-gli.html
    Ciao, Serena

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    1. Bellissima la tua recensione. Nota come lo stesso tema venga riletto in base alle proprie esperienze di vita e alle proprie conoscenze. L'importante è che certi orrori non rimangano nascosti e che se ne parli, per quello che sono, senza trovarvi alibi e giustificazioni

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