Di conserve di pomodoro
Si sceglieva accuratamente la data: prima di Ferragosto, perché poi si rischiava la "rottura di tempo" e i temporali avrebbero riempito d'acqua i pomodori. Per qualche misterioso motivo, il giorno prescelto sarebbe poi risultato il più caldo dell'anno...
Cominciava tutto due giorni prima: i Genitori uscivano per comprare le cassette di pomodori, rigorosamente San Marzano, maturi, ma sodi. Almeno 6 cassette, perché "finché ce n'è, ce n'è per tutti". I pomodori venivano esaminati attentamente, uno per uno: quelli con le più impercettibili imperfezioni venivano scartati e destinati all'uso immediato. Il giorno prima gli "eletti" venivano immersi in grandi mastelli di plastica pieni d'acqua e lasciati a mollo per tutta la notte. Nel frattempo si prendevano le bottiglie di birra vuote, custodite gelosamente tutto l'anno, si lavavano con cura e si riponevano a scolare inclinate. Si compravano le buste di tappi nuovi, si raccoglieva il basilico, lo si lavava accuratamente e lo si asciugava tra teli di lino. Dallo stipetto in alto usciva una grande ciotola smaltata, bianca, col bordo azzurro e due piccole anse come manici. Era sopravvissuta ai bombardamenti e aveva sempre accompagnato il rito. Intanto dal ripostiglio il Genitore aveva tirato fuori il super-passapomodoro e la macchinetta per tappare le bottiglie, si disponeva tutto nella cucina e si andava a dormire. Alle quattro del mattino si cominciava: enormi pentoloni accoglievano i pomodori per la prima cottura. Un enorme cucchiaio di legno serviva a rimestare.
Mentre i primi pomodori venivano fatti scolare dall'acqua di vegetazione, altri venivano posti nelle pentole, con un sistema di "catena di montaggio" ben oleato ed efficientissimo. Solo a questo punto entrava in gioco il Genitore, addetto al passapomodoro. E si cominciava a passare il tutto, più e più volte, finché non rimaneva altro che bucce rinsecchite. La macchinetta aveva una doppia uscita: da una parte la polpa, dall'altra lo scarto. La passata veniva posta nella ciotola smaltata e mescolata, prima di cominciare a riempire le bottiglie, nelle quali, intanto, la nonna aveva messo il basilico. Quando tutti pomodori erano stati passati e tutte le bottiglie riempite, si procedeva alla "tappatura".
Intanto in giardino il Genitore aveva preparato il fornello grande con la bombola e l'enorme fusto. Dentro venivano messi stracci, vecchi maglioni e poi le bottiglie di pomodoro, avvolte una per una con fogli di giornale, e sistemate in un enorme tetris, perché, bollendo, non sbattessero le une con le altre e si rompessero. Si accendeva il fuoco, si controllava quando l'acqua cominciava a bollire, Si lasciava cuocere per un'ora, poi si spegneva e si lasciava tutto coperto fino al giorno dopo. Solo a quel punto si scopriva e si tiravano fuori le bottiglie, sempre una per una, da porre nelle cassette dei pomodori, lavate e pronte per la dispensa. La gioia era vedere che tutte le bottiglie erano integre, che nessuna era "scoppiata", nella certezza che si sarebbero avuti i pomodori per l'inverno.
Quando stamattina Dolcezze ha aperto i suoi due pentoloni dove ha bollito le poche bocce che ha preparato per la famiglia (e soprattutto per l'Erede), ha provato lo stesso entusiasmo, la stessa gioia. E in un attimo tutta la sua storia le è piombata addosso, con tanto rimpianto e dolore, ma anche con la gioia di una tradizione ripresa, anche se in piccolo.
ma le bottiglie non vanno fatte bollire anche prima di usarle?
RispondiEliminachiedo perchè sono affascinata dal processo e dalla tradizione, ma anche confusa sulle modalità
grazie
Anche a casa mia si facevano le bottiglie, così veniva chiamato questo immane lavoro.
RispondiEliminaCon la malattia di mia madre è finito tutto.