Dei libri dell'anno 92: La notte più buia


Cosa ti fa sopravvivere all’orrore di Auschwitz? Certo, l’inesauribile istinto di sopravvivenza, una forte costituzione fisica e, soprattutto, una buona dose di fortuna, quella che ti fa scendere dal lato giusto del vagone, che ti fa sfuggire alle selezioni o, come accade al protagonista di questo romanzo, Heiner, che ti fa “impiegare” nell’ufficio dell’infermeria a stilare certificati di morte, consentendoti così di evitare i rigori dell’inverno e i lavori più gravosi. Ciò è ben noto da tanti libri e dalle testimonianze dei sopravvissuti, ma in questo romanzo si aggiunge un ulteriore tassello a completare un puzzle di dolore e morte.

Una giovane traduttrice, Lena, aiuta un uomo che, dopo aver testimoniato all’udienza di un processo per crimini di guerra commessi ad Auschwitz, è venuto meno, per la tensione e lo sconforto dopo un interrogatorio che mira a mettere in dubbio le sue parole e a stravolgere la verità. Da questo incontro nascerà un amore totale e assoluto, incapace, però di liberare Heiner dai suoi fantasmi. Perché da Auschwitz Heiner non è mai uscito. E' sopravvissuto solo perché aveva uno scopo: raccogliere dati, informazioni, disegni, testimonianze per poter incriminare i responsabili una volta finita la guerra. Per questo non deve e non può dimenticare: ogni cosa, anche la più quotidiana e banale, evoca in lui immagini, suoni, odori che devono essere raccontati e ripetuti, perché sono talmente incredibili da risultare inverosimili per chi non li ha vissuti. Lena gli offrirà il suo amore, e questo lo salverà, ma rimarrà sempre al di qua dell’invisibile muro che separa la sua vita “normale” dalla drammatica esperienza del marito, che può essere compresa solo da chi con lui l’ha condivisa, gli altri “sopravvissuti” che, ognuno a suo modo, hanno cercato di dare un senso al loro dolore o con il lavoro o con la testimonianza. Lena li conoscerà, uno ad uno, in una sorta di pellegrinaggio che la condurrà nella Polonia della rivolta di Solidarnosc, per “sentire” e non “visitare” Auschwitz e conoscere, in un racconto a più voci, tutta la storia.

Il romanzo è un alternarsi fra il presente e il passato e il lettore è invischiato in quella stessa trama di dolore che vive il protagonista. Le atrocità elencate sono un crescendo di orrore, che culmina nella notte di Natale. Ma non è quella la notte più buia del titolo: la più buia è quella in cui Heiner rischia di diventare a propria volta un assassino, ma “sul far del giorno scopre che non era in grado di far violenza ad altri esseri umani” e riafferma così la sua dignità di uomo.

Lo stile è essenziale e stringato e non rispetta alcun ordine temporale ma, nonostante le diverse voci narranti e l’apparente disordine, tutto si ricompone alla fine in un’unità perfetta, a ricordare che solo l’amore salva e che il dolore, spesso, unisce più ancora dell’amore.

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