Di astensioni obbligatorie, di attese e di legislatori illuminati


C’era una volta un tempo in cui le donne andavano in pensione 5 anni prima degli uomini perché, implicitamente, si riconosceva che loro lavoravano il doppio, in casa e fuori. Oltretutto, la loro quiescenza era veramente simbolica, in quanto continuavano il loro servizio svolgendo un ruolo importantissimo per la nazione: aiutavano figlie e nuore lavoratrici a crescere i loro bambini fino al raggiungimento dell’età della scuola materna (vista la cronica carenza di asili nido) e curavano gli anziani genitori.
Poi si notò che le donne avevano un’aspettativa di vita superiore agli uomini e quindi avrebbero gravato di più sul sistema pensionistico nazionale: niente più privilegi e innalzamento dell’età della quiescenza, in barba a tutte le considerazioni sopra esposte (e questo è il motivo per cui oggi una donna con famiglia lavora non solo il doppio, ma anche il triplo, il quadruplo…dipende).
C’era una volta anche l’astensione obbligatoria in caso di gravidanza: 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo la donna godeva di un periodo di riposo. Poi una legge illuminata propose di ridurre il periodo di astensione pre-parto ad un mese, per consentire alla madre un periodo maggiore di cura del figlio neonato. L’idea era buona, peccato che la madre arrivasse al parto un po’ più stanca, specie se non aveva la "fortuna" di svolgere un lavoro d’ufficio, ma doveva portarsi a spasso 12 chili (nella migliore delle ipotesi) e stare in piedi con due caviglie da elefante tutto il giorno. 
Oggi l’ancora più illuminata proposta di legge consente di restare al lavoro sino al parto. Certo, è una scelta libera, ma immaginate la “libertà” di una lavoratrice privata alla quale già il datore di lavoro “fa il favore” di non licenziarla nonostante la gravidanza…

Il periodo dell’attesa dovrebbe servire proprio a questo: a concentrarsi su chi sta per arrivare e prepararsi fisicamente e psicologicamente all’incontro con il proprio figlio. Immaginate cosa vorrà dire portarsi fin dentro la sala parto fatture, compiti e relazioni complesse coi colleghi.  
Ma tutto è fatto per favorire la madre lavoratrice, ovvio, che, non appena avrà scodellato il pupetto, chiuderà la porta al lavoro per riprenderlo 5 mesi dopo.

Proprio per favorire tutto ciò, consiglio ai nostri illuminatissimi governanti, attentissimi alle esigenze della donna, dei bambini e della famiglia, di promuovere la presenza di computer in sala travaglio (o di attrezzare sale travaglio nel retrobottega dei negozi o delle banche o di qualsiasi altro luogo di lavoro), perché fino alla fase espulsiva (in cui, ahimè, c’è bisogno di concentrazione assoluta), tra una doglia e l’altra, la partoriente possa continuare serenamente le sue attività lavorative.

Tutto per il bene del bambino e della madre, ovviamente.


Questo è il 500° post di Dolcezze di mamma, blog nato per gioco poco più di 5 anni fa. E' strano che, per puro caso, parli proprio di mamme.

Commenti

  1. ...e si, tutto per il bene del bambino e della mamma! Illuminati davvero questi uomini!

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  2. Certo che ci vogliono dei gran cervelli per partorire queste proposte di legge!

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  3. Io su questo argomento potrei parlare e incavolarmi per ore. Troppi i punti da discutere e le responsabilità... E ancora sento certe donne vantarsi di un'ipotetica parità non so di cosa. Chi ci governa è pessimo, ma pure certi cervelli andrebbero soppressi.

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    1. La parità non può esistere fin quando non ci sarà una perfetta condivisione dei carichi familiari tra uomo e donna (e a riguardo la vedo dura) . Oltretutto proprio la maternità risulta discriminante. Meglio star zitti, va...

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  4. Che tristezza...
    Invece... Quanti post che hai scritto in questi anni... Io non sono stata così assidua... Brava!

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