Presentare questo libro è difficile: potrò raccontarne il
contenuto, ma sarà quasi impossibile condividerne le emozioni.
Parlano i fantasmi dei morti in mare, in quell’Islanda in cui i pescatori non
sanno nuotare (perché imparare sarebbe come non fidarsi di Dio) e raccontano il
mondo del mare e il mondo della terra. Elemento unificante è il Ragazzo senza
nome, che conosce il dolore e la perdita, ma ha trovato un amico, Bárøur, con
cui condividere il lavoro, la cuccetta e i sogni. Bárøur ama la poesia, la
“rumina”; lei lo travolge, lo confonde al punto da fargli commettere un errore
fatale, ma fino alla fine lo riempirà di sé.
Il ragazzo fugge via. Vuole restituire il libro che insieme alla gioia ha
portato la morte e poi vuole seguire il suo amico. Fa un viaggio nella notte e
nella neve. Vorrebbe lasciarsi andare e smettere di soffrire, ma non può perché
la madre gli ha lasciato un’eredità: “Vivi!” e lui va avanti.
La seconda parte del romanzo non ha più l’ambientazione del mare,
del vento, dei pesci, ma quella di un tipico borgo, in cui si incrociano tante
vite e una strana “trinità”, in cui il ragazzo dovrà trovare il suo spazio.
Perché vivere? E cos’è vivere? “Si può esistere per 80 anni e
non vivere, e questo è tradire la vita”. Ogni vita deve avere uno scopo. Il
ragazzo dice: “Non so chi sono. Non so perché esisto. E non sono nemmeno
sicuro di avere davanti a me abbastanza tempo per scoprirlo”, il ragazzo si
chiede se “merita” di vivere. “Non vuole davvero morire. La voglia di vivere
è nelle ossa, scorre con il sangue, ma cos’è la vita?”
Come lui se lo chiedono altri personaggi: Brynjólfur, il capitano
ubriacone, che beve per affogare “gli esserini neri” che ha dentro e il rimorso
per gli occhi di sua moglie, diventati tristi e spenti.
E poi c’è Snorri, che cerca di addolcire il dolore con la musica e Geirbrúøur che,
con la sua reputazione discutibile e i denti imperfetti (“le cose bianche e
dritte alla lunga stufano. Senza peccato non c’è vita”) è capace di gesti
di generosità e di accoglienza.
Quando il libro è finito ci sono rimasta male, perché avrei voluto continuare a
camminare in quelle strade e a riflettere con il Ragazzo sull’Inferno, l’amore,
la vita, la poesia, la parola.
L’ Inferno è “avere delle braccia e nessuno da abbracciare”, “essere
morti e rendersi conto che non hai avuto cura della vita quando ne avevi la
possibilità”, “una biblioteca e tu un cieco”.
L’amore è una forza incomprensibile, che lega esseri a volte totalmente
diversi, ma cambia col tempo e distrugge ciò che è stato.
La poesia è un dono pericoloso (” Metti a rischio la vita a
leggere poesie”), ma ha la capacità di svelare la forza della parola.
Le parole sono importanti, importantissime, ma sono “inutili
pietre” nel momento del dolore più forte, e allora piangiamo; sono stracci che
non difendono dal gelo, ma sono anche amici fedeli, compagni di strada, tutto
ciò che il ragazzo possiede, perché “Forse non abbiamo bisogno di parole per
sopravvivere, ne abbiamo bisogno per vivere”
Morire è facile, basta dimenticare una cerata, “vivere è molto più complicato. Non basta trovare una corda, anche se di
ottima qualità, per vivere ci vuole ben altro, la vita è un percorso lungo e
complesso, vivere è fare domande” ed essere consapevoli che la vita è “qualche
momento luminoso separato da giorni di tenebra”. Ma nulla ci impedisce di
sognare, anzi “Chi non ha neanche un sogno è in grave pericolo”
Il linguaggio è estremamente poetico, ma lo stile è spezzato, con
una punteggiatura pressocché inesistente, e questo all’inizio dà un po’
fastidio (soprattutto alla prof), ma poi ti trovi a seguire il flusso e ad
immergerti nel testo e non ci badi più.
È il primo libro di una trilogia: dovrò
al più presto procurarmi gli altri due.
Addirittura una trilogia?? Sinceramente a libri come questo chenon si riesce a raccontare preferisco le vecchie favole di Esopo.... almeno un indirizzo per come condurti nella vita te lo danno.
RispondiEliminaIn realtà si può raccontare benissimo e, anzi, la trama è essenziale. Sono le emozioni difficili da esprimere. E di consigli per vivere ne dà tanti…( chi sei? Da quando Google ti impone di firmarti ogni volta, si risulta anonimi ed è brutto)
EliminaSono Ornella... non capisco cosa facciano ste piattaforme. In un altro blog mi hanno cambiato " avatar" ( si chiama così? ) e assegnato una immagine orrenda....
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