Del pane della memoria
Se mi chiedessero quale sapore evoca in me l’infanzia, non avrei dubbi: il pane
della zia.
Erano
grandi pagnotte, che la zia impastava nella grande madia di legno. C’era un
rito ben preciso: la zia raccoglieva i capelli in un fazzoletto, indossava un grembiule,
faceva il segno della croce e cominciava. Intanto andava a prendere dalla
dispensa la tazza bianca e blu, sbreccata, che conteneva il lievito madre (‘a
levatina ), prendeva la brocca con l’acqua tiepida, faceva la fontana, al
centro scioglieva il lievito con l’acqua e via via incorporava tutta la farina,
poco alla volta. Poi cominciava ad impastare, con forza, a lungo, faceva
riposare l’impasto, riprendeva la lavorazione, faceva le pieghe, poi “i
pugni”…e a questo punto entravo in gioco io, quando ero al paese. Mi alzavo
presto per poter partecipare: era il mio momento di festa e, sullo sgabellino,
spingevo con forza i miei pugnetti in mezzo a quella massa molle e profumata,
che mi si attaccava alle mani e cambiava continuamente forma: ora era un drago,
ora era una torta, ora era un castello. Mi sarebbe piaciuto giocarci, ma la zia
diceva: “Trattala con rispetto: la pasta è viva e dà vita”.
Poi
preparava “il letto”…ed era un letto vero, sul quale venivano poste prima le
tovaglie di lino grosso, tessute in casa, poi una spolverata di farina, poi le
pagnotte, tutte con sopra incisa una croce, poi altre tovaglie e poi le coperte
di lana grezza e dura. E poi si aspettava...il lievito madre richiede tempo e
pazienza, non è fatto per i ritmi moderni del tutto e subito.
Poi
cominciava la preparazione del forno; si portavano le fascine, si lasciavano
bruciare poco a poco, finché i mattoni interni diventavano bianchi. Allora con la
pala si spingevano le braci da una parte all’altra, perché tutto il forno avesse
la giusta temperatura, e poi si mettevano da canto o si toglievano per introdurre,
finalmente, la pasta lievitata. E lì avveniva il miracolo: in breve si spandeva
un profumo che faceva venire l’acquolina in bocca e ci mettevamo ad aspettare.
I pani uscivano uno alla volta, subito messi in piedi in cesti di vimini
coperti di tovaglie a quadretti. Intanto la zia friggeva delle focaccine di
pasta lievitata che poi cospargeva di zucchero e mi dava da mangiare calde
calde.
Io
godevo di quel pane, che ancora sogno di mangiare (bene, bene, sognare pane è di buon auspicio), ma solo ora ho
compreso ciò che c’è dietro, ho compreso, soprattutto, la cura richiesta dal
lievito madre, che dev’essere coccolato e accudito quasi come un bambino
piccolo, che muore se non lo nutri e soffre se è trascurato.
Da
qualche mese ho ripreso la tradizione. La CollegaVicina mi ha dato il lievito
madre e anch’io panifico. Anche se la fatica dell’impastare è ridotta dal
Bimby, mi piace lavorare la pasta e ho ripreso a fare le pieghe e a “fare i
pugni”.
L’odore
che si spande per la casa e il sapore un po’ acidulo del pane riportano alla
memoria il ricordo del passato, con il Cucciolo che, con l’eterno stupore dei
piccoli, guarda la pagnotta appena sfornata e domanda: “Mamma, ma hai fatto il
pane dei Templari?”
Questo post partecipa alla raccolta di Agosto di #pilloleistantanee
per Ispirazioni&Co.
che bel ricordo....
RispondiEliminagrazie...
:*
Che bello il tuo pane. Anche io ormai panifico con il lievito madre tutte le settimane e che bella soddisfazione, non tornerei indietro per tutto l'oro del mondo!
RispondiEliminaAdriana
Dolcezze, con la magia e l'immenso carisma che rende unica ogni tua narrazione, hai raccontato anche un pezzo della mia infanzia... Come potremmo mai sottrarci alla "corrispondenza d'amorosi sensi"che ci unisce come un filo invisibile? :))... Adoro i tuoi post. ADORO LEGGERTI <3
RispondiEliminaTornare su questo blog è veramente tornare a casa.
RispondiEliminaCome sempre i tuoi racconti sono magici.
Grazie per questa immagine piena di ricordi.
Mi scuso per l'imperdonabile ritardo, ma fra vacanze, prole a seguito, collegamenti poco stabili, Vite a regola d'arte che monopolizza il tempo del blogging ... sono in eterna corsa al recupero dei post dei blogger amici ... ma è una causa persa, purtroppo non riesco ancora a fare i miracoli.
Però ci provo sempre ... un abbraccio, mia cara
Uffa a g+!!! Questo post me lo ero perso e sarebbe stato un vero peccato!!!!
RispondiEliminaSi sente il profumo di quel fin qui..... :)