Di riflessioni del cactus 10





C'è qualcosa di particolare nel fico d'india.  Come tutte le opunzie attecchisce ovunque, per vivere gli basta poca terra, si sviluppa anche tra le pietre, resiste alla canicola e si moltiplica con facilità. Le sue pale sono piene di spine e per questo viene messo ai margini di un giardino, mai al centro.  Mentre cresce la sua base lignifica, si indurisce, ma diventa più stabile e resistente.  

Le sue foglie sono le spine che lo ricoprono e non servono a respingere, ma a proteggere, a mantenere l'acqua dentro il fusto, perché altrimenti la traspirazione delle foglie normali, sotto il sole cocente dell'estate,  farebbe seccare la pianta. Apparentemente non  c'è bellezza nel fico d'india, ma il suo frutto dolcissimo ripaga di tutto. 

Ma anche per arrivare a quello ci vuole pazienza.

Il fico d'India non è un'albicocca che lavi e mangi, né una pera da sbucciare con facilità: la sua scorza è grossa e piena di spine, da toccare con delicatezza, e per aprirla ci vuole una tecnica specifica, altrimenti il frutto si rovina e non riesci neanche ad assaggiarlo. 

Quanto questo vale per tanti adolescenti ( e anche non più tali)! Apparentemente rigidi e respingenti, usano le "spine" per difendersi e per proteggere la propria interiorità, ma se si ha pazienza e  si cerca la tecnica giusta, si aprono e ti rivelano quella bellezza che è dentro di loro, annunziata da quei fiori bellissimi che appaiono e scompaiono, quasi a non farti abituare al loro splendore.

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