Dei libri dell'anno 81: Cambiare l'acqua ai fiori



Violette è la custode di un cimitero in Borgogna, dove vive in una casa messa a disposizione dal comune. La sua porta è sempre aperta ai necrofori, ai parenti dei defunti, a chiunque voglia fare due chiacchiere o trovare conforto. Ha un passato difficile, ma ha scelto di non essere infelice per sempre, anche grazie ai consigli del precedente custode, quello che le ha lasciato il suo lavoro e l'ha tirata fuori dal baratro di dolore in cui era sprofondata. Conosce tutte le tombe del cimitero e spesso racconta le storie dei defunti, di cui annota con precisione data di morte, funerali ed elogi funebri. Da lei arriva un giorno un poliziotto che deve esaudire le ultime volontà della madre e chiede aiuto a lei. Questo incontro porterà a svelare molti  segreti e a chiarire molti eventi (e per capire tutto ci vorranno 473 pagine...decisamente non poche!).

Libro certamente divisivo: o lo ami o lo odi. In questi mesi ho seguito dibattiti accesi sui vari gruppi di lettori di cui faccio parte e ne ho sentito parlare o benissimo o malissimo. Chi lo apprezza ne sottolinea la sensibilità e la delicatezza nell'affrontare temi universali quale la morte, i rapporti familiari, l'amore, chi lo detesta evidenzia la "furbizia" dell'autrice nel toccare tasti sensibili e sottolinea lo stile monocorde e non coinvolgente. L'Amica Lettrice lo ha considerato un martirio, per cui sono partita veramente prevenuta. E invece Violetta mi ha conquistato con la sua pazienza, il suo dolore, il suo amore, il suo silenzio. 

Quella che può apparire mancanza di pathos per me è invece il livello più alto del dolore, quello che ti toglie pure la parola; la storia del diario e di un amore che nasce e cresce nella separazione non è un'inutile digressione (e distrazione), né un banale escamotage per fare entrare in scena Julien, ma la presentazione di un amore "alternativo", non semplice, non "legittimo", ma pur sempre amore; la tragedia sottesa e l'"indagine" che la segue non è un espediente strappalacrime, ma uno spunto di riflessione sulle conseguenze del pregiudizio, dell'amore distorto, della menzogna e dell'ipocrisia.

Libro non banale, dunque, che, se pure non può essere certo annoverato fra i classici della letteratura (decisamente esagerato il giudizio riportato in copertina "il romanzo più bello del mondo"), può accompagnare piacevolmente le serate di questo lungo inverno.

Commenti

  1. Condivido appieno! Anch'io sento di annoverarmi tra coloro che lo hanno amato, che non lo considerano il romanzo più bello del mondo ma certamente ritengono questo libro una buona/bella lettura che offre tanti spunti di riflessione: in primo luogo, il danno che fa l'omessa comunicazione dei propri veri sentimenti e pensieri....

    RispondiElimina
  2. Io appartengo alla categoria di chi lo ha detestato, anzi, di più, di chi ha sofferto leggendolo per arrivare alla fine. La tua recensione è molto bella e profonda ma presenta un romanzo che io non ho letto, un romanzo che mi ha infastidito per le sue lungaggini, i suoi salti temporali e le sue inutili digressioni sulle vite dei morti. E comunque, non è certo il romanzo più bello del mondo. Non esiste il più bello del mondo,in nessuna arte.

    RispondiElimina
  3. Mi tenta da qualche tempo. Mi affascina questo tipo di personaggio che immersa nella morte parla di vita.

    RispondiElimina

Posta un commento