Di ricordi e di ricotta homemade

Tanti anni fa, dovevo avere sette o otto anni, una sera (ero al Paese, come tutte le estati) il Genitore mi disse: ”Domani mattina, se ti alzi presto, ti porto a vedere una bella cosa." 
Nessun dettaglio,  nessuna anticipazione.  
La notte dormii poco e male: cosa mi aspettava? Per me non era una novità: il Genitore amava condividere le sue esperienze con me e mi portava ovunque, mi raccontava le storie di famiglia, mi faceva conoscere le tradizioni del paese, le tecniche antiche di coltivazione dei campi, gli strumenti,  già ai tempi obsoleti e che oggi si trovano solo nei musei agropastorali. 
Quella mattina era la stessa cosa:  “Ti porto a vedere come si fa il formaggio." Aveva infatti preso accordi con l’affittuario della sua campagna per far vedere a sua figlia, bambina e troppo “cittadina”, da dove veniva quel formaggio bianco e compatto che tanto le piaceva mangiare fritto con le uova.
Per me non fu un’esperienza piacevole. Fui turbata dal puzzo di pecora, dalla sporcizia dell’ovile, dalle ciotole sbreccate (quei lemmi* che oggi sono tanto di moda e costano un botto, ma che ai tempi si trovavano, vecchi e macchiati, in tutte le cantine e le cucine). Vidi tutto il processo: mi fu fatto bere il latte appena munto, spezzare la cagliata, assaggiare la ricotta calda…e niente. Ero una bambina educata e mi sottoposi a tutte queste esperienze in silenzio, ma con un profondo senso di nausea. Non potevo non notare i mosconi che ronzavano e si posavano ovunque e quel cibo, che pure amavo, in quel contesto e a quelle temperature  non mi piaceva proprio. Non mangiai ricotta e formaggio per anni, con grande dolore del Genitore, che non si capacitava della mia reazione e, alle mie recriminazioni,  sosteneva che, rispetto ad altri ovili, quello era pulito e decoroso.  Scuotendo la testa, poi, mi apostrofò: “Niente da fare, sei una cittadina“, e non era un complimento.

Avevo totalmente rimosso questo ricordo. Mi è tornato in mente qualche giorno fa, quando in rete ho trovato una ricetta per fare la ricotta e ho deciso di provarla. Non c’era il puzzo di pecora, la mia cucina era decisamente più pulita e la ricotta calda era buonissima. Avrei voluto dirlo al Genitore, ma stavolta lui non c’era.  Mi ė sembrato però di vederlo con la coda dell’occhio, mentre scuoteva il capo sorridendo, come per dire: “Ma allora non sei solo una cittadina!“

Per fare una pseudo-ricotta (la vera ricotta è un’altra,  ma questo risultato è comunque apprezzabile) occorre portare quasi ad ebollizione un litro di latte intero (e possibilmente fresco) con un cucchiaino di sale. A questo punto bisogna aggiungere due cucchiai di aceto di mele (o 25 gr di succo di limone), mescolare con un cucchiaio e lasciare riposare per un’oretta.  Passato questo tempo si deve scolare (il latticello che risulterà si può usare per impastare pane e pizza) e poi mettere nella fascella a gocciolare.  Mettere in frigorifero a rassodare per qualche ora e poi gustare (da un litro di latte ho ricavato 220 gr di ricotta).


*il lemma è una ciotola di ceramica decorata
foto mudis, museo della ceramica

Commenti

  1. La tua ricotta è riuscita decisamente meglio della mia. Era un autentico disastro . tutto buttato ma ci riproverò

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  2. Oddiooo, io pensavo che non si potesse fare la ricotta in casa... meravigliaaa *_*... e che ricordo sublime: ne ho un paio simili anche io, di me bambina e dei ricottari del sud <3

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  3. Un ricordo che ora ti è tornato in mente e ha voluto provare. Brava.

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  4. ciao! io so fare la giuncata col bimby ma si mette il caglio comprato in farmacia per farla... questa con il limone è sicuramente più fattibile.... devo provare. grazie! baci. titty p. da bari

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  5. Non pensavo si potesse fare la ricotta in casa....bravissima!
    Buona giornata

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