Dei libri dell'anno 56: L'Arminuta
Una ragazzina, alle prese
con le prime trasformazioni del suo corpo, si trova all’improvviso catapultata
da una bella casa in riva al mare, dal corso di danza e dall’amore esclusivo da
figlia unica in un mondo rurale e sconosciuto, in cui lei non ha neanche un
nome, ma diventa “l’arminuta” (la
ritornata) e deve condividere la stanza (e anche il letto) con tanti fratelli.
Il passaggio è traumatico, anche perché lei non era a conoscenza della sua
condizione di figlia adottiva e nessuno le spiega perché è stata restituita
alla famiglia di origine.
Qui la miseria regna
sovrana, la miseria che “è peggio della
fame”, come le dice “la madre”(questo è il nome che lei dà a colei che l’ha
generata). Qui si mangiano polpette di pane col pane, con la carne “per il cane” si fa il brodo e se non si
è veloci a prendere dal piatto si resta digiuni. A ciò si aggiunge un silenzio
totale: la madre non parla, il padre non parla, un fratello la detesta, un
altro si interessa anche troppo a lei e l’unica presenza forte e bella è la
sorella Adriana, una bimba che è già un’adulta, che sa muoversi bene per la
spesa e si prende cura del fratellino disabile come una vera donnina. Alle tante domande nessuno dà risposte (si
deve lavorare sodo per mettere insieme il pranzo con la cena!) e l’Arminuta,
con due madri vive, è in realtà un’orfana, che soffre l’abbandono e cerca le
proprie inesistenti colpe per giustificare quanto è successo. Dopo un primo
momento di smarrimento, però, lo spirito di adattamento dei bambini e la
vitalità della sorella la aiutano ad entrare in quel mondo antico, in cui
ancora le “magare” curano con le erbe e insegnano nuove strade.
Quando la tragedia si
abbatte sulla famiglia, la madre non riesce quasi a riprendersi, ma nel
contempo il dolore pare risvegliarla da un atavico torpore e comincia a parlare
con la figlia senza nome e le spiega di non averla abbandonata, ma solo consegnata
ad un futuro migliore.
Ciò che l’Arminuta non si
spiega è il perché della “restituzione” e solo Adriana, in un momento di
rabbia, le dirà la verità, che nessuno le aveva rivelato perché era veramente
dura e anche per il lettore incomprensibile e ingiustificabile. Non posso dire
altro per evitare anticipazioni, ma veramente la seconda madre, nonostante la
sua generosità, non fa una bella figura e il suo comportamento costringe a
porsi domande sulle motivazioni che spingono alla scelta dell’adozione: è amore
gratuito o una scelta egoistica? E’ dono o desiderio di possesso?
La realtà del paese è
tratteggiata con vivida chiarezza, ma vengono evidenziate anche le tradizioni,
l’umanità e il senso di appartenenza che la caratterizzano. E’ un mondo antico,
non certamente idilliaco, ma in cui c’è ancora una comunità (evidente nel
momento del lutto), in contrapposizione ad una città di mare che, pur essendo
vicina in termini di chilometri, è lontanissima per cultura e abitudini.
Bel romanzo, da leggere e
meditare.
per il Venerdì del libro di Homemademamma
Pronto da mesi perché voglio dedicargli l'attenzione che merita.
RispondiEliminaMi ha incuriosito perché,a marzo,fu definito, in una trasmissione televisiva, il romanzo più bello uscito nel 2017.
Concordo, è veramente bello e, come dici tu, da leggere e meditare.
RispondiEliminaMi pare un romanzo molto interessante e molto tosto. È un po' che gli faccio la corte, e potrebbe non essere una cattiva idea. Grazie della recensione!
RispondiEliminaDavvero un libro forte, mi pare. Forse per me non è adatto al momento ma mi ispira.
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